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Lega, pace Salvini-Giorgetti solo di facciata. I nodi restano irrisolti

LEGA, GIORGETTI-SALVINI: QUIRINALE, UE, PREMIERSHIP... I NODI NEL CARROCCIO RESTANO IRRISOLTI

"Giorgetti ha chiesto scusa, ha spiegato di essere stato mal interpretato, ha spiegato che si è espresso male, ha riposto troppa fiducia nel suo interlocutore, ha spiegato cosa voleva dire, ma se si è scusato ha capito che ha recato un danno al partito, anche perché questa settimana la Lega ha ottenuto la conferma dei referendum sulla giustizia, è la settimana in cui si è bloccato al Senato il Ddl Zan, quindi ci sono state due vittorie della Lega ed invece si è finiti a parlare dell'intervista di Giorgetti, quindi qualcosa ha sbagliato". Le parole di Riccardo Molinari, capogruppo salviniano alla Camera della Lega nonché leader del Carroccio in Piemonte, chiudono apparentemente il quadro sul Consiglio federale leghista di ieri sera a Roma.

Le metafore si sprecano: tanto tuonò che non piovve, la montagna ha partorito il topolino. E così via. Insomma, nessuna resa dei conti, nessuno scontro tra segretario e vice e nessuna conta. Secondo quanto Affaritaliani.it ha appreso direttamente da uno dei partecipanti al Consiglio federale, il ministro dello Sviluppo economico, pur scusandosi come ha spiegato Molinari, non è entrato nel merito della sue parole contenute nel libro di Bruno Vespa né sul fronte di Mario Draghi presidente della Repubblica con un semi-presidenzialismo di fatto né su quella frase sibillina di Salvini che dovrebbe fare l'attore non protagonista che tutti, anche nella Lega, hanno interpretato nell'unico modo possibile e cioè che non potrà mai diventare presidente del Consiglio, anche in caso di vittoria del Centrodestra alle prossime elezioni politiche.

Le scuse ci sono quindi state, con quella spiegazione, nota a chi scrive di Lega da anni, della difficoltà nel relazionarsi con i giornalisti, ma non si è entrati nel merito in particolare della partita chiave dei prossimi mesi ovvero il Quirinale. C'è poi l'altro capitolo, tutt'altro che secondario, quello della collocazione europea. All'indomani del video-incontro con Viktor Orban e Mateusz Morawiecki, il leader della Lega ha ribadito senza se e senza ma, in modo categorico, che non è mai esistita e non esiste alcuna possibilità che il Carroccio possa aderire al Partito Popolare Europeo. L'obiettivo di Salvini, come ha spiegato l'eurodeputato Massimo Casanova ad Affaritaliani.it, è quello di creare un nuovo gruppo al Parlamento europeo, aperto anche a chi oggi fa parte del Ppe o dei Conservatori di ECR.

Un gruppo inevitabilmente sovranista e a destra del Ppe. Su questo punto Giorgetti, nel corso del Consiglio federale, ha ribadito la sua tesi, argomentando che, a suo avviso, la Lega avrebbe potuto provare dall'interno a spostare i Popolari su posizioni più conservatrici, simili a quelle del Partito Repubblicano americano (non necessariamente Donald Trump) staccandolo dall'abbraccio con il Pse. Poi il titolare dello Sviluppo economico ha preso atto dell'intransigenza del segretario, sostenuto da gran parte dello stato maggiore leghista, e ha confermato totale fiducia in Salvini. Su questo punto dirimente i Governatori del Nord, in particolare Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, non si sono espressi.

Per spiegare la tesi di Giorgetti basta usare le parole di Luigi Bisignani ad Affaritaliani.it: se non si sta in uno dei grandi gruppi europei e si scelgono i sovranisti non si può andare a Palazzo Chigi. Non si governa contro Bruxelles, Berlino e Parigi. E questo, secondo Bisignani, Giorgetti lo sa perfettamente. E dunque così si chiude l'ennesimo capitolo della telenovela leghista, con una pace solo di facciata, ma che non ha risolto i nodi politici di fondo. Fino alla prossima intervista del ministro dello Sviluppo economico con la quale ripartirà il tormentone seguito, come sempre, dalle spiegazioni ormai note: sono stato mal interpretato, mi sono espresso male.

 

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