Politica
Legge elettorale, Meloni si blinda fino al 2032 ma senza il suo nome sulla scheda. Pena il rischio che Fratelli d'Italia perda molti voti
Compromesso nel Centrodestra sulla riforma. Inside

Elezioni regionali
Premierato rinviato alla prossima legislatura
Chiudendo il congresso di Noi Moderati domenica scorsa Maurizio Lupi ha assicurato che il Centrodestra farà una proposta unitaria sulla legge elettorale per modificare il Rosatellum. Tutti sanno perfettamente che il premierato, ovvero la riforma costituzionale per eleggere direttamente il presidente del Consiglio, non verrà approvata definitivamente (referendum confermativo incluso non essendoci i due terzi in Parlamento) in questa legislatura. Se ne riparlerà nella prossima qualora dovesse rivincere le elezioni politiche il Centrodestra. Ma sulla legge elettorale il Centrodestra è in altissimo, non alto, mare.
Sicuramente più che sulla manovra economica e tanto quanto sulla politica estera e il sostegno all'Ucraina. L'unico punto sul quale Fratelli d'Italia e Forza Italia sono d'accordo è un proporzionale con sbarramento al 3% (per aiutare Azione che così toglierà voti moderati al Pd) con premio di maggioranza per la prima coalizione che scatti oltre il 40 o 42% (con il 55% di seggi alla Camera e al Senato) per garantire rappresentatività e stabilità di governo senza incorrere in bocciature da parte della Corte costituzionale. Ma c'è un punto sul quale meloniani e azzurri divergono ed è l'indicazione sulla scheda elettorale del candidato premier.
Fratelli d'Italia la vuole assolutamente per blindare Giorgia Meloni a Palazzo Chigi fino al 2032 ma Forza Italia non ne vuol sentir parlare e preme affinché resti in vigore il sistema attuale ovvero l'accordo implicito tale per cui il leader del partito della coalizione che prende più voti va a fare il capo dell'esecutivo. La soluzione, compromesso, spiegano da Forza Italia, sarebbe quella di indicare nel programma di governo per legge che un partito o una coalizione deve dire prima agli elettori chi sarà il presidente del Consiglio senza però scrivere il nome sulla scheda elettorale come avviene ad esempio per i presidenti di regione e per i sindaci nei comuni sopra i 15mila abitanti.
E fonti di FdI, rigorosamente off the record, spiegano anche perché questa soluzione farebbe comodo a Meloni. Il pericolo infatti è quello che molti elettori di destra mettano la croce sul nome della premier e non sul partito e in questo modo il voto non andrebbe a Fratelli d'Italia ma verrebbe suddiviso proporzionalmente tra le liste della coalizione. "Il rischio è quello di perdere voti come partito, effettivamente", ammetto da FdI. E quindi ci sarà l'obbligo di dire esplicitamente agli elettori chi andrà a Palazzo Chigi prima del voto senza però mettere il nome del premier sulla scheda, pena il rischio che Fratelli d'Italia perda molti consensi.
C'è poi la Lega da convincere che non vorrebbe abbandonare i collegi elettorali essendo forte nelle zone rurali e nei piccoli paesi, come si è visto in Veneto, ma FdI e Forza Italia sanno perfettamente che nelle grandi città (da Nord a Sud) i collegi verrebbero vinti quasi tutti dal Centrosinistra o campo largo e quindi spingeranno fortemente per l'abolizione totale e il proporzionale con premio di maggioranza modello Regionali-Comunali. Per il Carroccio ci sarà la ricompensa di un'accelerazione sull'autonomia regionale in Parlamento ovvero sulla definizione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni) in modo tale che per le prossime elezioni la riforma sia praticamente pronta e la Lega se la possa giocare come vittoria. Almeno al Nord dove il tema è molto sentito (Veneto in testa ma anche Lombardia).
Tutte le notizie della sezione politica
