Politica
Manovra, Calandrini (FdI): "Pronti al taglio dell’Irpef per il ceto medio, avanti con Zes e Pnrr”
Intervista al senatore di Fratelli d’Italia, Nicola Calandrini, presidente della quinta Commissione Bilancio

Nicola Calandrini
Senatore Calandrini in aula con il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti si è parlato della risoluzione sulla governance della manovra, a che punto siamo?
Siamo in una fase di avanzamento concreto. Con la risoluzione approvata all’unanimità prima in Commissione Bilancio e poi in Aula, si fa un passo decisivo nell’adeguare i nostri strumenti di programmazione economica e finanziaria alle nuove regole europee. Il gruppo di lavoro, che a oggi si è riunito 18 volte, procede con un’attività regolare e continua, in un clima di confronto positivo. L’auspicio di tutti è che a breve si possa arrivare a un nuovo testo che renda la legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica) e la legge n. 243 del 2012, che disciplina il coordinamento della finanza pubblica e i vincoli di bilancio previsti dall’articolo 81 della Costituzione, pienamente coerenti con la nuova disciplina europea sui quadri di bilancio.
Il 17 settembre la commissione Bilancio del Senato ha approvato all'unanimità la risoluzione unitaria di maggioranza e opposizione sul nuovo Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp), che andrà a sostituire la Nadef. Può essere inteso come un segnale distensivo tra maggioranza e opposizione in vista della prossima manovra?
Sì, è sicuramente un segnale positivo sul metodo. Naturalmente sul merito ci saranno visioni diverse, ed è normale che sia così. L’importante però è che si continui a lavorare nell’esclusivo interesse dei cittadini, evitando inutili contrapposizioni e privilegiando il confronto costruttivo.
Quali saranno le principali misure che saranno approvate in questa manovra, ci sarà spazio per taglio tasse al ceto medio, incentivi alle imprese e rottamazione come chiede la Lega?
Non abbiamo ancora certezze definitive sulle singole misure, ma grazie alla politica economica attuata dal Governo Meloni, abbiamo tutti gli indicatori positivi come spread, pil, riduzione del debito, inflazione in diminuzione e calo della disoccupazione e quindi sappiamo che ci sono risorse per continuare sulla rotta già tracciata. Dopo il taglio del cuneo fiscale e contributivo per i redditi medio bassi credo ci sia margine per un taglio dell’IRPEF per il ceto medio. Per quanto riguarda la rottamazione, prima di tutto bisogna capire quali risorse ci sono a disposizione. Dopo si potrà valutare una nuova rottamazione, che comunque dovrebbe essere rivolta solo a chi ha provato a rispettare gli impegni con il fisco ma si è trovato in effettiva difficoltà.
Intanto arrivano buoni segnali dai dati Istat di due giorni fa, che hanno rivisto al rialzo la crescita del Pil 2023 e confermato quelli sul 2024 questi nuovi dati potranno dare una mano ad agevolare i tre principali obiettivi del governo per questa manovra di bilancio?
I buoni segnali sono il frutto di una politica economica attenta e pragmatica che sta dando i suoi frutti. Come dicevo bisogna prima di tutto capire su quante risorse si può contare, considerando che la tenuta dei conti e la riduzione del debito restano una delle priorità per questo governo. Lo dobbiamo prima di tutto ai nostri figli. Come certificato dagli indicatori economici la situazione è migliore di quanto ci aspettassimo e quindi, se ci saranno delle risorse in più, saranno certamente utilizzate per rafforzare tutte quelle misure che sono nero su bianco nel nostro programma di governo.
È d’accordo senatore con quanti sostengono che questa è forse la prima manovra di bilancio del governo Meloni, fatta in una situazione meno emergenziale, sul piano delle risorse da mettere in campo, di quelle precedenti?
Lo scorso anno avevamo sulle nostre spalle un macigno chiamato Superbonus, le cui conseguenze non sono ancora scomparse. Sarà un bilancio in continuità con quanto fatto negli anni passati. Gli obbiettivi di questa maggioranza sono chiari: sostenere le famiglie, l’occupazione e le imprese grazie alle quali il made in Italy viene riconosciuto come eccellenza in tutto il mondo.
I dati economici e quelli sull’occupazione sembrano premiare le scelte del governo, meno bonus e maggiori politiche attive. È d’accordo e cosa si può fare per rilanciare ancora di più l’economia?
I dati parlano chiaro: i bonus a pioggia sono dannosi. Il Governo Meloni ha deciso di investire dove ce n’è bisogno e di mettere nelle condizioni di contribuire al fabbisogno nazionale chiunque ne abbia la possibilità. Sono stati utilizzati strumenti come gli incentivi – tra sgravi fiscali e contributivi – all’assunzione dei giovani under 35, delle mamme lavoratrici e dei lavoratori svantaggiati, che hanno stimolato la crescita economica, portato sviluppo e nuove opportunità di lavoro. A questa serie di misure si aggiunge la promozione di programmi di formazione e riqualificazione professionale per rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro in continua evoluzione, sempre più complesso e dinamico
Intanto la spesa del Pnrr avanza adesso a ritmi sostenuti. Riusciremo a spendere tutto entro la scadenza del 2026?
È il nostro auspicio ma con il Ministro Fitto prima e con il Ministro Foti poi, abbiamo messo a terra le condizioni perché ciò accada, modificando il piano per renderlo più in linea con i bisogni dell’Italia e con una reale capacità di spesa. Il Pnrr è una risorsa straordinaria ma non serve fare la corsa a ricevere più soldi, bisogna spendere bene e per progetti che portino un reale valore aggiunto. E da questo punto di vista il lavoro dei ministri e dell’intero governo è stato encomiabile
Il sud intanto cresce ad un ritmo superiore al Nord, è più merito del Pnrr o della misura della Zes unica allargata a tutto il sud, che sta registrando un boom di richieste?
Il sud sta recuperando un gap che non meritava. Ma l’obbiettivo è quello di far crescere tutta l’Italia, in modo sostenibile, ed è ciò che si sta osservando. Una misura come la Zes è certamente un motore agli investimenti e alla crescita industriale ma sono tante le misure introdotte dal Governo Meloni. Da ultimo il dipartimento per il Sud, una struttura da 60 funzionari guidata dal sottosegretario Sbarra, che gestirà fondi Ue e avrà una delega sulla Zes. Si tratta di una novità assoluta nel panorama italiano, introdotta da un emendamento al decreto terra dei fuochi approvato oggi in Senato. Una cabina di regia interministeriale per far sì che le tante risorse a disposizione vengano allocate nel modo più performante possibile.
Ora è cominciato proprio al senato l’iter per allargare la Zes anche a Marche ed Umbria. Altre Regioni, persino al Nord chiedono di implementare la stessa misura anche sui loro territori, come per esempio la zona della sua Latina. È possibile, secondo lei, allargare ulteriormente la Zes...?
Ci sono degli indicatori economici precisi per entrare a far parte della Zes. Umbria e Marche, regioni che tecnicamente vengono considerate in transizione, rispettano questi indicatori altre regioni evidentemente no. Ci sono però strumenti per calmierare eventuali effetti distorsivi di questa misura soprattutto nelle aree contigue: penso alle zone logistiche semplificate, di cui si sta dotando anche il Lazio. Penso ancora al recente decreto del presidente del Consiglio che destina ben 100 milioni di euro al consorzio industriale unico del Lazio; un provvedimento di grande rilievo che avrà ricadute su tutto il territorio regionale e soprattutto sulle aree più fragili dal punto di vista industriale. La condizione delle province di Latina e Frosinone è particolare: sono un territorio fragile dal punto di vista industriale ma gli indicatori di Roma non gli consentono di rientrare nelle Zes, che sono regionali appunto. Per questi territori potrebbero però esserci degli strumenti ad hoc riferiti al tema delicato dei dazi doganali che sto personalmente curando in vista della prossima legge di bilancio.
La scorsa settimana è arrivata la promozione Fitch, che sembra segnare un deciso cambio di paradigma in Europa e segnala la serietà del governo Meloni, che ha reso il nostro paese come un modello per intera Europa. Siamo sulla strada giusta anche secondo lei come dice il ministro Giorgetti?
Anche in questo caso parlano i dati, uno tra tutti, la stabilità del Governo. Non è Calandrini che lo dice ma l’Ufficio Parlamentare di Bilancio che certifica come nei primi due anni di legislatura la stabilità del governo abbia consentito un risparmio di 11 miliardi su minor tassi di interesse pagati sul debito pubblico. Una cifra che è destinata a salire a 21 miliardi nel 2027. Stabilità e credibilità sono le colonne portanti di questo Governo e i risultati ci mostrano come sia proprio questa la strada giusta.