Mattarella: discorso di fine anno incolore. L'Italia è ferma - Affaritaliani.it

Politica

Mattarella: discorso di fine anno incolore. L'Italia è ferma

Giuseppe Vatinno

Come scriveva Jünger, arriva il Forestaro

Il discorso di fine anno del Capo dello Stato si è tenuto come ritualmente avviene e ha dato il viatico ad un anno iniziato all’insegna della più cruda continuità con l’attentato terroristico a Istanbul.

La verità è che al di là del facile rifugio della retorica il nostro Paese è fermo, immobile e sull’orlo del precipizio.

La verità è che l’Italia non è affatto uscita dalla crisi prima finanziaria e poi industriale del 2008: da noi tutto è fermo al di là dei tanti bei proclami e degli indici statistici ballerini che ci vengono propinati con preoccupante regolarità.

L’economia, che deve essere il motore di una nazione, non solo non è ripartita ma mostra preoccupanti segnali di pre - sfacelo.

La disoccupazione, al di là dei numeri che come dice Trilussa sono piegabili facilmente alla volontà di chi li propina soprattutto se governa, aumenta.

Lo si vede nei bar chi chiudono, nei negozi vuoti, nell’attenzione alle spese quotidiane.

E su tutto questo incombe, come al solito, una Unione europea tiranna che ci sindaca ogni azione, come il salvataggio del Monte dei Paschi; la Germania ed altri Stati hanno utilizzato pesantemente i fondi pubblici quando gli conveniva salvare il sistema bancario mentre l’Italia è sotto tiro e poi ci si lamenta dei populismi senza ricordare o volutamente o per superficialità che essi si alimentano proprio di questi fatti non più tollerabili per la pubblica opinione, anche quella più sprovveduta.

L’Italia è ferma.

Renzi è passato sulle istituzioni un po’ come un Attila che per narcisismo ha distrutto se stesso ma ha condotto l’Italia al caos. Siamo senza una legge elettorale, con un governo fantoccio e con una crisi perenne acuita dai ricorrenti problemi bancari.

Ci vuol quindi ben altro che la solita minestrina riscaldata del 31 dicembre per alleviare le ansie e i timori di milioni di persone che attendono fatti concreti e non parole. Fatti che devono significare solo una cosa: lavoro, lavoro, lavoro.

Senza di esso infatti manca la base per costruire alcunché di solito e duraturo per il futuro; i giovani continueranno ad espatriare e i vecchi a rassegnarsi ma nulla cambierà se non un lento e continuo declino.

Eppure alcune forze vitali ci sono.

C’è un terziario avanzato, un manifatturiero di primo ordine, c’è la moda e l’inventività che possono essere liberate da un momento all’altro ma il nodo è sempre lo stesso ed è un nodo politico.

La gente vuole fatti.

Vuole che queste potenzialità siano tradotte nella valuta concreta dell’occupazione.

I giovani si sono stancati di lavori giornalieri che non garantiscono neppure il companatico.

Occorre in questa fase che lo Stato investa in opere pubbliche che creino occupazione. I Ministeri devono avere soldi da spendere e mettere in Costituzione il pareggio di bilancio è stata solo un’altra assurdità a cui ci ha costretto una Germania ingorda  e padrona.

Occorre cambiare democraticamente fintanto che è possibile altrimenti fra poco sarà inutile lamentarsi di figure forti e populiste che sorgeranno minacciose con il consenso popolare.

Un po’ quello che descriveva lo scrittore tedesco Georg Ernst Jünger

nel suo libro Auf den Marmorklippen, “Le scogliere di marmo” del 1939; il” Forestaro” sta arrivando e non sarà facile dopo rimandarlo a casa.