Politica
Nato, sfida italo-inglese. In lizza Enrico Letta, ipotesi Mogherini

Lapresse
Londra candida Theresa May
«America is back again». L’America è tornata. Se si dovesse scegliere una sintesi per spiegare il senso del prossimo vertice della Nato che si terrà tra una settimana a Bruxelles, questa sarebbe la più efficace. Dopo la parentesi di Donald Trump, infatti, l’elezione di Joe Biden alla Casa Bianca ha cambiato l’atteggiamento degli Usa rispetto all’Alleanza Atlantica. E proprio per questo motivo il summit del 14 giugno sarà di fatto anche lo “start” per dare il via alla successione dell’attuale Segretario generale, Jens Stoltenberg. L’ex primo ministro norvegese - si legge sul quotidiano la Repubblica - è alla guida del Patto ormai da sette anni. Il suo mandato si chiuderà il prossimo anno. E per i piani alti della gigantesca cittadella militare di Bruxelles, costruita con una curva architettonica di vetri, è partita già la corsa alla sostituzione. L’input non è avversato da Washington che aspetterà la fine del quadriennio di Stoltenberg e non si oppone affatto ad un segno di discontinuità anche per quanto riguarda l’organizzazione militare nordatlantica. Il casting dunque è iniziato. I contatti sulla selezione sono partiti. E stanno coinvolgendo, in maniera del tutto informale, in primo luogo le cancellerie dei trenta Paesi alleati.
I dialoghi, al momento, si snodano lungo una richiesta principale e due “mega-direttrici” di confronto. La richiesta è quella britannica. Boris Johnson non nasconde, in quasi tutte le sedi, la sua intenzione di candidare un esponente del Regno Unito per la prossima guida della Nato. L’ultimo segretario generale espresso dal Regno Unito è stato nel 2003: George Robertson, ex ministro della Difesa del gabinetto Blair. I desideri inglesi sono determinati in larga parte dalla Brexit. Londra, una volta uscita dall’Unione europea, ha bisogno di rilanciarsi in un grande organismo internazionale. Anche per legittimare l’aspirazione a tornare una potenza mondiale. Basti pensare agli ultimi accordi commerciali con l’Australia e la Nuova Zelanda che rappresentano un modo per rilanciarsi in qualche modo sul palcoscenico globale. Dopo le esperienze del danese Rasmussen e dell’attuale norvegese, la ricerca allora si sta concentrando su ex primi ministri. Questo elemento si interseca — per quanto riguarda la Gran Bretagna — con la prima delle “mega-direttrici” lungo le quali si gioca la discussione informale. L’idea, ossia, che per la prima volta nella storia del Patto Atlantico possa essere una donna a ricoprire il ruolo di Segretario Generale. E Johnson può contare su Theresa May. La seconda “mega-direttrice” si dipana sull’asse Europa del nord-Europa Mediterranea. Costituisce anche una risposta alle avances inglesi: proprio la Brexit — è il ragionamento che molti fanno a Bruxelles — dovrebbe sconsigliare di far cadere la scelta su un rappresentante esterno all’Unione. Dal 1999 — ossia dopo l’addio dello spagnolo Solana — questa poltorna è stata occupata da Paesi dell’area settentrionale del Vecchio Continente. L’Italia conta molto su questo aspetto. E anche sulla circostanza che il nostro Paese ha avuto una sola volta il Segretario generale. Ormai cinquant’anni fa. Si trattava del liberale Manlio Brosio, ex ministro della Guerra. Il nostro Paese è il quinto contribuente della Nato e, ad esempio, in Afghanistan — aspetto non secondario per gli Usa — è stato presente con uno dei contigenti più numerosi. Come spesso accade in Italia, sono tanti i nomi che vengono accreditati in questo inizio di “corsa”. Qualche mese fa circolava il nome dell’ex premier Matteo Renzi.
Più di recente è emersa l’opzione di un altro ex presidente del consiglio: Enrico Letta. Molto accreditato in Europa e anche a Washington. Anche se - scrive sempre la Repubblica - da qualche mese impegnato nella segreteria del Pd. E sempre nell’ottica della candidatura femminile, nei Palazzi delle Istituzioni europee in diversi fanno il nome di Federica Mogherini: ex ministro degli Esteri, ex Alto Rappresentante della Ue ed ora rettrice del College d’Europe di Bruges. Ovviamente se l’Italia vorrà avere delle chance dovrà a tempo debito decidere di puntare su una sola carta. L’Europa settentrionale, comunque, sembra pronta a esprimere un’alternativa. L’attuale primo ministro olandese Rutte, che pur avendo rivinto le elezioni è ormai da tempo alla ricerca di un nuovo incarico per evitare le difficoltà del governo di coalizione di Amsterdam. La partita, però, è solo all’inizio. Si deve tenere presente che la “golden share” è in mano agli Stati Uniti. Non è un caso che lo stesso Stoltenberg la prossima settimana vada a Washington per parlare con Biden del progetto “Nato 20-30” ma anche per tastare il terreno in extremis per una sua terza riconferma. E intende programmare un altro summit per il prossimo anno, prima del voto nel Consiglio Atlantico. Alcuni, anche negli States, fanno circolare un altro nome a sorpresa, quello di Angela Merkel. Ma difficilmente la Cancelliera tedesca accetterebbe un incarico di questo tipo.