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Calcio, Roma: "Giallorosso ebreo non è più reato"

 «Il ricorso è inammissibile perché tardivo». E così intonare il coro «giallorosso ebreo» non è un reato. I giudici della Cassazione hanno respinto al mittente il ricorso presentato dalla procura in merito alla sentenza pronunciata dal gip Ezio Damizia, il giudice che aveva assolto due tifosi laziali accusati di aver urlato «giallorosso ebreo, Roma va a c..à». Gli «ermellini», scrive il Tempo, hanno anche motivato la decisione presa. Una decisione che costituisce un precedente non da poco. Perché i fatti accaduti il 30 marzo del 2013 sono destinati a far giurisprudenza.

La vicenda, continua il Tempo, inizia alle 3 di quel sabato pomeriggio, quando all' Olimpico la Lazio affrontava il Catania. Durante un pomeriggio nuvoloso e piovoso, davanti a circa 30mila spettatori, grazie a un gol di Izco al minuto 50, a un autogol di Legrottaglie al settantanovesimo e aun rigore di Candreva calciato a 9 minuti dalla fine dell' incontro, i biancocelesti, allora guidati dall' allenatore bosniaco Vladimir Petkovic, avevano strappato una vittoria ai siciliani per 2 a 1. Una partita come tante che però, dopo 5 anni, sarebbe passata alla storia: non grazie all' esito della sfida calcistica, ma a quello di una sentenza della magistratura. Quel 30 marzo infatti, a ridosso dell' intervallo, dagli spalti era partito un coro che, successivamente, gli inquirenti avrebbero giudicato essere «razzista». Tra le 15,38 e le 15,39, prestando attenzione ai cori intonati in curva nord era possibile udire: «Giallorosso ebreo, Roma va a c..à». A questo punto erano entrate in scena le telecamere di sorveglianza: non so lo immortalarono il «coro della discordia», ma anche chi avrebbe fomentato quel canto.

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