Palazzi & potere
Il Pit Stop di Sergio
Il tempismo, nei gran premi come in politica, è la base per ogni strategia degna di tale nome. E figurarsi se uno come Sergio Marchionne questo non lo sa. Ed è in questa luce, scrive Marco Gorra sul Tempo, che va letta l' elegante veronica («Chapeau al Cavaliere, ma non ci penso per niente») con cui il numero uno di Fca affrontale domande circa l' investitura berlusconiana a condottiero per la cavalcata del centrodestra con destinazione Palazzo Chigi.
Uno stop che ha un duplice effetto: da un lato, placa le acque in un centrodestra piombato nel subbuglio, come da consuetudine ogniqualvolta il Cav tira fuori un coniglio dal suo inesausto cilindro; dall' altro, però, lascia intatte le speranze di Berlusconi (e non solo) di vedere premiati i propri sforzi di corteggiamento.
Poteva infatti Marchionne annunciare la propria discesa in campo tra i rombi del paddock Ferrari attorniato da meccanici con le chiavi inglesi e tecnici col cronometro? No che non poteva. E se tirata di freno doveva essere, ebbene non avrebbe potuto essere più soft: le cronache più o meno recenti ci hanno abituato a «no, grazie» ben più perentori proferiti negli anni dai vari prescelti berlusconiani. «No, grazie» rispetto ai quali quello di Marchionne se non assomiglia ad un' apertura poco ci manca.
Il Gran premio del centrodestra, dunque, appare tutt' altro che segnato. Se sul gradino più alto del podio alla fine ci salirà Marchionne è presto per pronosticarlo, ma di sicuro il manager col pullover è ancora in corsa. E chissà che non sia questo pit stop a dargli lo sprint per bruciare gli avversari.