Palazzi & potere
Macron: la leadership italiana sulla Via della Seta indispettisce la Francia

Macron, la gelosia del francese
Come al solito, il presidente francese, Emmanuel Macron, non tollera che l'Italia possa fare, qualche volta, meglio di lui. Appena arrivato all'Eliseo, scrive Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi, minacciò di strappare il contratto già debitamente perfezionato tra l'italiana Fincantieri e la francese Cantieri del Nord. L'Italia del duo Gentiloni-Calenda (che fu stranamente coraggiosa) gli fece cambiare parere anche se il contratto che fu in seguito ridefinito non è stato quello che doveva essere. Ma almeno non è stato stracciato. Adesso Macron ci ritenta contro il Memorandum sulla Via della Seta (Silkroad) che l'Italia ha sottoscritto con il presidente cinese Xi Jinping. Secondo Macron la scelta italiana sarebbe «una fuga in avanti, un comportamento che rompe l'unità dei paesi europei». Il comunicato dalla presidenza francese è ultimativo perché sostiene che «lavorare come piccoli club non è una buona scelta, sono comportamenti naïf che ledono il coordinamento della Ue».
Che un documento ufficiale della presidenza della repubblica francese sottolinei che l'Italia è «un piccolo club» (quando il pil francese non è certo quello di una grande potenza, visto che supera quello italiano, solo del 33%) e accusi la politica di un paese amico e confinante come «naïf», la dice lunga sull'inaccettabile atteggiamento di Macron nei confronti dell'Italia, nonostante le inopportune (oltre che inefficaci) genuflessioni ufficiali che gli ha recentemente attribuito Fabio Fazio nella sua trasmissione Rai Che tempo che fa.
Ovviamente, non sentendosi, da solo, saldo sulle gambe, Macron ha cercato di attrarre dalla sua parte anche la premier tedesca Angela Merkel che però, anche in questo caso, essendo più furba e, soprattutto, più circospetta di Macron, con un documento ufficiale si è abilmente sfilata dichiarando che «il premier Conte ci ha aggiornato sul contenuto del memorandum di intesa sulla Via della Seta e, per quanto ci ha spiegato, non ho trovato critiche da fare». In altre parole, Macron è rimasto con il cerino in mano. Voleva incendiare e ha rischiato di essere incendiato.
Però, non contento di ciò che gli è capitato, il presidente francese, per lavare il supposto vulnus provocato dall'Italia con questa sua trattativa «unilaterale» con la Cina, ha annunciato di avere invitato la cancelliera Merkel e il presidente lussemburghese della Commissione europea, Jean-Claude Junker, al suo incontro di oggi a Parigi con il presidente cinese Xi Jinping che precede il previsto summit Ue-Cina del 9 aprile prossimo a Bruxelles.
Con questa sua mossa, Macron crede di aver portato nell'alveo europeo, cioè a suo vantaggio, il rapporto con Xi Jinping per contrastare la supposta (come vedremo fra poco) «fuga in avanti dell'Italia» nei rapporti con Pechino. Ma non si accorge, Macron (anche perché, questo suo comportamento, non glielo contesta mai nessuno), che ha fatto ciò che i veneti dicono sia «peggio il taccone del buco». Macron infatti tira in gioco oggi a Parigi una renitente Merkel accompagnata dal suo factotum nella Ue, il lussemburghese Junker, per riportare sui binari istituzional-continentali il rapporto con Pechino. Facendo questa scelta però Macron ribadisce alla vigilia del voto per l'elezione del Parlamento europeo, che l'Europa non è formata da 27 paesi (dando per scontata l'uscita di Uk) ma è formata solo da due paesi (la Francia e la Germania) con un seguito obbediente di altri 25 paesi, pronti, come si comporta la nostra Benemerita (che però fa un altro mestiere), «a obbedir tacendo».
Francia e Germania infatti è da sempre che fanno colossali accordi unilaterali con la Cina. La Merkel ne è cosciente e infatti, come si è visto, si accoda a Macron ma non starnazza come lui. Macron invece ne è cosciente ma se ne frega anche perché, sinora, per il quieto vivere, non è mai stato contrastato da nessun altro paese europeo e chi, come l'Ungheria, ha tentato di dissentire, ne ha subito avvertito le conseguenze. Che la Merkel sia immersa fino al collo nella Via della Seta lo dimostra efficacemente Tino Oldani con il suo articolo in questo stesso numero di ItaliaOggi a pag. 12 sul principale hub cinese in Europa che è stato realizzato nella città tedesca di Duisberg che è da tempo lo snodo strategico della Via della Seta in Europa. Questo, non solo, dà già lavoro a 50 mila persone, ma ha già proposto il collegamento ferroviario con il porto di Trieste che è un terminale Sud della Via Marittina della Seta, programmata quindi dai tedeschi un paio d'anni prima che l'ipotesi venisse ratificata dall'Italia con Xi Jinping a Roma.
E ciò è avvenuto senza che nessuno parlasse di «valori europei traditi». Soren Link, sindaco di Duisberg, socialdemocratico, ha detto al quotidiano inglese Guardian: «Siamo la città cinese della Germania, la Via della Seta non ci ha portato solo dei container, ma investimenti, posti di lavoro, maggiori entrate fiscali. E non siamo che agli inizi». E questo è avvenuto senza che Macron si accorgesse che a Duisberg, per tutelare i valori tedeschi, erano stati «traditi i valori europei» se questi esistessero nel modo ipotizzati dal presidente francese.
Ma i francesi si sono anche spesso venduti molto facilmente alla Cina. Ad esempio, la società pubblica franco tedesca, Airbus fece, nel 2008, un fantastico accordo con la Cina per la fornitura addirittura di un centinaio di aerei da trasporto civile A320. Quando si pensa che, con un contratto per cinque aerei A320, a Tolosa si festeggia alla grande per una settimana, si può capire come una commessa di questo tipo sia stata subito giudicata faraonica, mozzafiato. Ma i cinesi, nel fare questo acquisto, inimmaginabile prima, posero una condizione. E cioè che questi aerei venissero montati in Cina. In tal modo, i cinesi si sono appropriati di questa tecnologia di punta, praticamente impossibile da acquisire altrimenti e in poco tempo. Tant'è che, proprio in questi giorni, Pechino ha annunciato che tra due anni, nel 2021 (la notizia l'ha data solo ItaliaOggi il 16 marzo scorso), saranno consegnati primi C 919 che, progettati per portare fino a 168 passeggeri fino a 5 mila chilometri, faranno concorrenza diretta alla gamma di A320 di Airbus e ai 737 Max di Boeing. Se si tiene conto il mercato aeronautico cinese diventerà il primo mercato mondiale fra il 2022 e il 2024, si capisce il significato politico, oltre che economico, della cessione di questo know how senza informare preventivamente di essa, nessun partner europeo, a parte i due che dominano la Ue (Francia e Germania, appunto).
E che dire se mentre Macron si straccia le vesti per l'accordo italo-cinese sul porto di Trieste, la Cina ha già investito massicciamente in Europa (senza che l'Eliseo protestasse minimamente) nei porti europei del Pireo, Valencia, Marsiglia, Bilbao, le Havre, Rotterdam e Malta mentre sinora in Italia la Cina ha investito, ma poco, solo nel porto di Vado Ligure. Senza tener conto che furono proprio Francia e Germania, per recuperare i crediti incautamente concessi dai loro istituti di credito alla Grecia, a forzare questo paese a vendere ai cinesi lo strategico porto del Pireo. Meriterebbe poi di essere ricordato che mentre l'Italia ha esportato in Cina solo 13 miliardi di beni nel 2018, la Francia ne ha esportato il 58% in più e la Germania ne ha consegnato sei volte tanto. Inoltre la Cina ha creato 21 mila poti di lavoro in Germania e solo 3 mila in Italia.
Ovviamente visto che i rapporti con la Cina sono rapporti da titani che si giocano con tutti i mezzi, spesso anche sotto la cintura (spread compreso) non si capisce perché in questa partita planetaria il governo italiano sia lasciato solo mentre remino contro il Pd (anche se la Via della Seta fu discussa e preparata a Pechino dall'allora premier Gentiloni), la Lega (che rappresenta un elettorato che da questa Via ha tutto da guadagnare) e la quasi totalità dei media. Mah!