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Palazzi & potere
Pd, Matteo Orfini perde poltrona? E Gentiloni premier ma vuole 'cartabianca'

Pd: alla prossima assemblea nazionale cadrà il tabù del doppio incarico. Gentiloni per candidarsi a premier chiede 'cartabianca' e la minoranza vuole la 'testa' di Matteo Orfini

 

Alla prossima assemblea nazionale del Partito Democratico del 19 maggio potrebbe definitivamente cadere la regola-tabù del doppio incarico segretario-candidato premier, scrive La Verità. Nel partito del Nazareno, come spiegano fonti di maggioranza e minoranza dem, si sta definitivamente valutando di scindere le due figure. Questo a prescindere da chi sarà il prossimo candidato Premier di centrosinistra ed indipendentemente da quando si svolgeranno le prossime elezioni.

"Certo, non si può negare che le ultime vicissitudini politiche non abbiano dato un'accelerazione ma tra i maggiorenti del partito se ne statva già discutendo e sarebbe stato un passo da compiere comunque" spiegano dal partito. Ovvio poi che se ci fossero le elezioni anticipate non ci sarebbe abbastanza tempo per fare le primarie e di conseguenza il segretario sarebbe il frutto di una scelta di compromesso tra i maggiorenti del partito, cioè senza alcun pronunciamento popolare. I renziani, però, vorrebbero che fosse una decisione solo per questa volta e non definitiva. Contrari invece, gli altri big di partito.

Per il partito, cambiare questa norma rappresenterebbe un punto di svolta decisivo: la regola era nata con il Pd a 'vocazione maggioritaria' di Valter Veltroni che per primo aveva unito le due figure, quello di leader di partito e di segretario premier.

Ma si attendono altre decisioni importanti dalla prossima Assemblea nazionale: a quanto siamo in grado di rivelare, la minoranza del partito si appresta a reclamare la poltrona del Presidente del Pd, ovvero chiederà la 'testa' di Matteo Orfini. Si punta ad una presidenza di garanzia e ad una segreteria nazionale in discontinuità con quella attuale composta in prevalenza da renziani.

Novità anche per le liste elettorali: i renziani vorrebbero calmierare le pluricandidature femminili che tanti problemi hanno procurato al partito, dato che toglievano spazio ad altri privilegiando solo pochi nomi superprotetti. Quindi meno pluricandidature e di conseguenza meno 'paracadutati'.

Intanto, Paolo Gentiloni starebbe seriamente pensando alla sua discesa in campo come leader della futura coalizione di centrosinistra (che assieme al Pd vedrebbe i centristi della Lorenzin, la Bonino e Leu) ma vorrebbe 'carta bianca' il che, tradotto, significa 'massima autonomia e nessuna tutela da parte di Matteo Renzi'. Questa la condizione irrevocabile posta dall'ormai ex Presidente del Consiglio Gentiloni Silveri che conosce benissimo Matteo Renzi e sa perfettamente che per il senatore di Rignano lui è solo un ripiego in caso di elezioni a breve: altrimenti l'uomo forte del Pd sonderebbe altre candidature a Premier (a cominciare da quella di Carlo Calenda).

Ma è sulla sulla formazione delle liste elettorali, scrive La Verità, che ci saranno i maggiori dolori e Matteo Renzi, ancora una volta, punta a farla da padrone e ad usare il limite dei tre mandati come una clava contro gli avversari interni anche se stavolta non è più il segretario del partito. Come? Grazie al controllo, che tutt'ora detiene, della Direzione nazionale. Il gioco è molto semplice poiché è la Direzione nazionale che concede o meno le deroghe. E stavolta per Dario Franceschini, che della deroga ha bisogno, non ci saranno sconti.

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