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Palazzi & potere
Rai, passa da viale Mazzini la strada per Palazzo Chigi
Foto LaPresse

Crimi e Franceschini ormai vanno d'amore e d'accordo. Sono stati loro, giurano i bene informati, a trovare la "quadra" sul Decreto rilancio: sono stati loro due infatti che in un faccia a faccia lontano da occhi indiscreti quando ormai era notte fonda hanno consentito al governo di dare il via libera al tanto sospirato decreto: dopo ben mezz'ora di chiarimenti è arrivato il definitivo via libera a Giuseppe Conte. E ci sono sempre loro due dietro l'accordone di queste ultime ore in Rai: sono loro gli artefici dell'intesa che porterà Orfeo alla guida del Tg3 (con la benedizione anche di Matteo Renzi) e Franco Di Mare alla direzione della Rete Tre. Intesa che negli ambienti della maggioranza (spesso si dice che la Rai anticipi i cambiamenti del paese) si ritiene possa avere ripercussioni ben più ampie rispetto al giro ristretto di viale Mazzini: potrà essere prodromica al nuovo governo che dovrà intestarsi la "Fase 3", quello della ricostruzione del paese e dell'elezione del prossimo Presidente della Repubblica (piccolo inciso: al momento il bis per Mattarella viene ritenuto molto probabile).

Il tempo stringe perché secondo molti osservatori il Conte 2 potrebbe saltare in ottobre quando "si scoprirà che nelle casse statali non ci sarà più un euro perché la gente non sarà stata più in grado di pagare le tasse e il frigorifero nelle case degli italiani sarà vuoto". Insomma, un vero e proprio cortocircuito sistemico in grado di stendere chiunque. Così conviene tenersi pronti e cominciare a seminare il terreno. "Finora Conte è stato molto bravo nello scaricare le colpe sulle regioni (meglio se di destra) e sulle tante task force" ma non potrà durare ancora a lungo, spifferano fonti della maggioranza. Per questo sono in molti a ritenere che l'accordone in Rai con la benedizione di Crimi e Franceschini servirà anche per portare quest'ultimo, cattolicissimo (come Sassoli e Gentiloni) a palazzo Chigi (con la benedizione di Matteo Renzi) per gestire la delicatissima fase della ricostruzione del paese e la nomina del nuovo Capo dello Stato. L'obiettivo è mantenere, se possibile, il perimetro dell'attuale maggioranza (per evitare instabilità al paese) ma con un cambio alla Presidenza del Consiglio. Zingaretti (a proposito: si sussurra di un suo recente incontro con Jhon Elkann) non avrebbe la forza di opporsi al disegno (nel Pd sono arcistufi del modus operandi del Premier) e tutto sommato gli andrebbe bene; in cambio resterebbe segretario Pd. Anche tra i 5stelle, al di là della vulgata ufficiale c'è chi non avrebbe problemi a cambiare "cavallo" in corsa, a patto di avere continuità di legislatura per mantenere il seggio. L'unico che potrebbe mettersi di traverso è Di Maio, uno che resterebbe fuori dall'accordo e rischierebbe di non riconquistare più il partito. Per questo ha ripreso a scalciare. Insomma, per molti, la soluzione Franceschini sarebbe molto più semplice da realizzare dell'operazione "governissimo Draghi" (che comunque potrebbe essere disponibile soltanto dopo nuove elezioni parlamentari per evitare manovre di palazzo e di dover sottostare, uno del suo calibro, ai giochetti della politica italiana) e consentirebbe a Pd e 5Stelle di mantenere tutto il potere saldamente nelle loro mani anziché doverlo condividere con Silvio Berlusconi e Matteo Salvini.

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