Politica
Palude Italia

L'Italia stagnante del post - Renzi
La politica italiana è ferma al 5 dicembre 2016 il giorno in cui Matteo Renzi perse il referendum dei referendum, quello che doveva sancire la rivoluzione copernicana delle istituzioni e della Costituzione e su cui l’ex premier si era giocato tutto.
Da allora un finto governo fotocopia del precedente controllato da due referenti renziani e cioè i due sottosegretari Maria Elena Boschi e Luca Lotti assolutamente immobile e stagnante nella “palude Italia”; il premier Gentiloni non è più da annoverarsi tra gli uomini di Renzi, com’era già prevedibile dall’inizio in quanto i loro interessi sono assolutamente divergenti: l’ex premier vuole (voleva) votare subito -anche se ormai pare rassegnato- l’attuale premier il più tardi possibile.
Nel frattempo Renzi da dicembre ha perso tutto: non è più premier e non è più segretario del Pd; inoltre ha subito una pericolosa scissione a sinistra del duo Speranza -Rossi ma con dietro D’Alema-Bersani e si è trovato in casa una forte contestazione: a parte il furbo Michele Emiliano che si è liberato agevolmente con una finta alla Maradona del duo scissionista è soprattutto il guardasigilli Andrea Orlando che preoccupa l’ex premier. Il ministro della Giustizia che aveva detto che si sarebbe candidato solo per evitare una scissione si è candidato lo stesso a scissione avvenuta e di fatto ha aperto le ostilità come rappresentante dei Giovani Turchi guidati da Matteo Orfini che in questo momento concentra in sé le due principali cariche del partito essendone infatti segretario (pro tempore) e presidente.
Insomma non è che i tempi sembrino particolarmente propizi all’ ex rottamatore toscano anche perché la magistratura non ha certo penso e si è celermente attivata nei confronti del babbo Tiziano per l’affare Consip.
Dunque Renzi pare accerchiato in tutte le direzioni ed infatti già i primi ex amici stanno squagliandosela come nel proverbio dei topi e della nave che affonda.
In tutto questo gli italiani si ritrovano, come in un ironico e amaro “gioco dell’oca”, alla partenza e cioè a quel 1992 prima di Mani Pulite con la Consulta ha rimodellato il sistema di voto per Camera e Senato riportandolo in pratica ad un proporzionale con premio di maggioranza alla Camera bassa per il partito che dovesse superare il 40%.
Della Seconda Repubblica, come un po’ pomposamente era chiamato il periodo storico iniziato nel 1992 fino a dicembre scorso, è rimasto ben poco e si profila un clamoroso ritorno al passato con un proporzionale che promette di tornare ai vecchi riti della politica parlamentare con il Presidente del Consiglio scelto dalle alchimie politiche e il peso determinante di partitini ininfluenti nel periodo maggioritario.
Subito dopo l’esito del referendum si era parlato di immediata messa mano del Parlamento ad una legge elettorale nuovamente maggioritaria in attesa di un voto estivo che ormai non ci sarà più con la legislatura (e la pensione dei parlamentari) che veleggia più o meno tranquillamente verso la sua conclusione naturale del 2018 spinta dalle gote possenti di Eolo - Mattarella.
Quali siano state le cause e le dinamiche è difficile dirlo; certamente Renzi è stato vittima di quella che i greci chiamavano hybris cioè la presunzione di poter fare tutto da solo creandosi nuovi nemici ogni giorno.
Una sensazione di imbattibilità e di potenza, cementata dall’erroneo pensiero che gli Usa di Obama - Clinton l’avrebbero continuato a supportare e non prevedendo minimamente la resilienza del populismo italiano di Lega e Cinque Stelle e di quello mondiale di Donald Trump.
Renzi ha commesso troppi errori e soprattutto troppi insieme.
Il rischio ora non è solo la sua scomparsa politica ma la definitiva “paludazione” dell’Italia il Paese della Ue a più bassa crescita del Pil e in cui la crisi del 2008 non è mai passata.