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Politica
Parlamento, il centro scalda i motori, ma resta frammentato
Carlo Calenda e Matteo Renzi 

Il centro? C’è, ma manca la gravità permanente. Dal governatore Emiliano al leader di Iv Matteo Renzi, ecco le mosse

Il centro c’è, ma manca la gravità permanente. Le manovre ormai non si contano più. C’è la fila di promotori anche al di fuori di questo spazio politico, a destra come a sinistra. Prendiamo, per esempio, il governatore della Puglia: Michele Emiliano, intervistato dal Fatto Quotidiano il 13 dicembre scorso, ha infatti sostenuto che un’idea di terzo polo, che raccolga le sigle da sinistra verso il centro, "è non solo possibile ma praticabile. Un'idea fruttuosa per il centrosinistra".

Una sorta di contraltare, insomma, alle mosse di Matteo Renzi che guarda al centrodestra e briga da un po’ con i fondatori di Coraggio Italia, Giovanni Toti e Luigi Brugnaro, per dar vita a una federazione centrista. Lo scopo, in questo caso, è sicuramente l’imminente elezione del presidente della Repubblica. Se il rassemblement andasse in porto – le manovre ad oggi, 17 dicembre, sono ancora in corso -, allora l’ex sindaco di Firenze potrebbe puntare a fare l’ago della bilancia con una pattuglia più numerosa dei soli italovivi: l’operazione porterebbe in dote una ottantina di grandi elettori.

Ma c’è chi non guarda alla stretta contingenza della partita del Colle. E’ il caso del segretario di +Europa e sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova che lavora, appunto, alla creazione per via federativa di un’area politica europeista e liberaldemocratica. Nella partita è coinvolto anche Carlo Calenda, non a caso Azione e +Europa hanno dato vita a componenti comuni nel gruppo Misto. Difficile, invece, che il progetto possa coinvolgere pure Renzi: si sa che i rapporti tra i due galli non consentono di convivere nello stesso pollaio.  

Centro, da Ncd di Alfano a Scelta civica di Monti, il flop del terzo polo

La voglia di centro, comunque, è come un fiume carsico. La storia politica, dalla fine della seconda Repubblica in poi, è costellata di tentativi di terzo polo mai riusciti fino in fondo. Complici Tangentopoli, che ha dato un colpo di grazia alla Dc, e poi la discesa in campo di Berlusconi, che ha dato il la a un bipolarismo muscolare.

Del resto, basta guardarsi intorno, senza scavare troppo nel passato per rendersene conto. Che fine ha fatto, ad esempio, Ncd di Angelino Alfano? Scelta civica di Mario Monti, poi, è franata subito al test delle elezioni politiche. Eppure, la fregola da terzo polo è dura a morire. Per i nostalgici della Democrazia cristiana, a maggior ragione. Prendiamo Gianfranco Rotondi: l’ex parlamentare Dc e oggi vicepresidente di Forza Italia non si arrende e infatti ha da poco dato alle stampe il volume “La variante Dc”. Un libro dal sottotitolo è emblematico: “Storia di un partito che non c’è più, e di uno che non c’è ancora”.

Centro, l’Udc Cesa scalda i motori, ma da Ceppaloni Clemente Mastella lo batte sul tempo

A dare manforte a questa voglia di centro, certo, ci pensano pure gli ambienti ecclesiastici. A novembre scorso, per esempio, in occasione della giornata conclusiva del Festival della Dottrina sociale, dal palco di Verona monsignor Nunzio Galatino ha detto al direttore del Corsera Luciano Fontana che “non dispiacerebbe un partito di ispirazione cristiana” guidato da laici capaci, seppur mettendo subito le mani avanti: “Se qualche giornale adesso scrive che ho lanciato il partito dei cattolici è una bugia”.

Non lo ha lanciato lui, ma in compenso si sta attrezzando per farlo il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa che scalda i motori per l’anno nuovo. A gennaio, come ha detto a Il tempo il 13 dicembre, organizzerà una reunion di tutte le forze centriste. La convention ha già un nome: “Le ragioni del centro” ça va sans dire. Cesa pensa in grande perché fissa l’asticella addirittura sopra il 10 per cento, puntando a un rassemblement che va da Forza Italia a Coraggio Italia. E perché no, anche a Renzi perché, spiega, “il nostro messaggio sarebbe più congeniale al suo messaggio politico di oggi”.

A batterlo sul tempo, però, ci ha pensato Clemente Mastella da Ceppaloni. Il sindaco di Benevento ed ex guardasigilli il 5 dicembre ha tenuto a battesimo “Noi Di Centro”, con le lettere D-C evocativamente in maiuscolo. L’assemblea costituente si è svolta al teatro Brancaccio di Roma e l’ex leader dell’Udeur si è presentato con le idee chiare: sì a Renzi ma no a Calenda, tanto per cominciare. Nessuna rivisitazione della Democrazia cristiana perché “è irripetibile”, ma una Margherita 2.0.  

Insomma, il centro si agita. Oltretevere a parte, però, c’è da dire che anche i partiti occhieggiano in modo interessato a questi movimenti. Lo stesso Berlusconi, seppure sia convinto che dal bipolarismo non si torni indietro, il 3 dicembre a un convegno dell’Udc sosteneva che “un sistema politico bipolare ha bisogno di una forte area di centro, che non è ambigua nella collocazione politica, ma che è un elemento di equilibrio, di moderazione, di concretezza, di stabilità”. Senza contare l’anima centrista che vive e lotta pure nel cuore delle altre forze politiche. Il Pd ne conserva una dai tempi della fusione a freddo tra Ds e Margherita e oggi forse a incarnarla di più sono le correnti guidate da Lorenzo Guerini e Dario Franceschini. E che dire dei giorgettiani nella Lega? Per tacere del Cinque stelle Luigi Di Maio che, dopo l’ultimo exploit al fianco di gilet gialli con Alessandro Di Battista, si è convertito a un mite pragmatismo cripto-democristiano. 

Centro, il Quirinale sarà il vero banco di prova

Comunque, non resta che attendere almeno gennaio per vedere se a ridosso della convocazione del Parlamento in seduta comune la variegata galassia centrista riuscirà a tirar fuori qualche coniglio dal cilindro. E soprattutto se la voglia di centro sarà più forte di veti incrociati e personalismi dei diversi attori sulla scena. Oppure se non se ne farà nulla. E quindi se, alla fine, come qualche tempo fa spiegò Paolo Cirino Pomicino ad Affari, “dire centro senza una qualificazione non significa niente, resta il termine geometrico, che in genere è un segnale stradale”. Secondo l’ex ministro democristiano al Bilancio, infatti, la crisi dei partiti è tale che “nulla lascia prevedere un’evoluzione in grado di scomporre e ricomporre le forze politiche”.  

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