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Politica
Pd, c'è l'accordo: Bonaccini presidente. Cattolici irrequieti su Schlein
Bonaccini.Schlein

Accordo nel Pd: Schlein propone Bonaccini presidente

Elly Schlein proporrà il nome di Stefano Bonaccini quale prossimo presidente del Partito Democratico all'assemblea di domenica, a Roma. E' il punto di caduta raggiunto fra segretaria dem e presidente dell'Emilia-Romagna al termine del colloquio in videoconferenza avuto ieri. Oltre due ore di confronto "positivo svolto in un clima di piena collaborazione", viene sottolineato. Una scelta che fa chiarezza sulla formula "gestione unitaria" che entrambi gli sfidanti alle primarie hanno invocato ancor prima della fine del congresso.   

La leader dem si è messa in contatto con il governatore nel tardo pomeriggio di ieri, subito dopo il funerale di Bruno Astorre, a cui Elly Schlein ha partecipato in mezzo a una folla di circa un migliaio di persone arrivate a Colonna, comune dei Castelli Romani, per salutare il senatore dem. La segretaria era stata d'altra parte chiara sul fatto che ci sarebbe stato "un ruolo" per Bonaccini, aggiungendo che si sarebbe trattato di "un ruolo politico di primo piano. Gli ho fatto una proposta di massima condivisione e nell'interesse del partito". Parole che rappresentano una conferma all'analisi di parlamentari vicini al presidente dell'Emilia-Romagna: "Se si vuole fare una cosa ordinata, la soluzione migliore è quella della presidenza di Bonaccini". Il ragionamento è che una carica di peso in segreteria dem, come quella di vicesegretario ipotizzata inizialmente per Bonaccini, sarebbe stata d'ostacolo tanto a Schlein, che si sarebbe vista costretta a concordare ogni passo con il suo secondo, quanto a Bonaccini. "Difficile che Stefano accetti di essere vice qualcosa", osservava un esponente dem di primo piano prima che si chiudesse l'accordo. 

Ma non è solo questione di orgoglio: con una carica di peso nell'esecutivo dem, Bonaccini si sarebbe trovato con le mani legate nell'esprimere una propria posizione su quei temi che lo avrebbero potuto vedere non in linea con la segretaria e con la maggioranza del partito. Meglio la presidenza, dunque. Carica prestigiosa ed operativa, ma che lascia lo spazio per organizzare anche proposte politiche. Quella della presidenza per il governatore, oltre tutto, è la soluzione caldeggiata da alcune ore anche da nomi importanti tra quelli che il Partito Democratico hanno contribuito a farlo nascere, stando a quanto riferiscono fonti parlamentari dem.     

Tra quanti hanno sostenuto Bonaccini al congresso, tuttavia, c'è chi storce il naso davanti alla soluzione trovata. Il ragionamento è che la carica di presidente a Bonaccini, di fatto, potrebbe chiudere la strada a qualsiasi possibilità di entrare in segreteria e di incidere veramente nella gestione del Pd. Meglio, è il ragionamento che viene fatto, cercare di avere ruoli nell'esecutivo dem piuttosto che accettare una sola carica, seppur di peso. E, perchè no, cercare di ottenere anche la presidenza di un gruppo parlamentare. Anche perchè sembra che la segretaria non abbia intenzione di deviare dal percorso indicato, "unità, ma nella chiarezza della linea politica". E, quindi, sulla segreteria sarà lei a scegliere i profili che ritiene più indicati per ciascuna delega, così "dal restituire al Pd una connotazione politica precisa".

Stessa cosa vale per i capigruppo. Tanto Debora Serracchiani quanto Simona Malpezzi sono dirigenti stimate da Schlein, ma la leader dem sa anche che in parlamento non gode della stessa maggioranza su cui può contare negli organi statutari. E sul lavoro dei gruppi parlamentari Schlein intende costruire tutta o quasi l'azione di opposizione al governo di Giorgia Meloni. Qualche assaggio si è avuto nella settimana che si sta per chiudere, con l'audizione di Piantedosi in Commissione, quando Schlein e le altre opposizioni ne hanno chiesto le dimissioni per il disastro di Cutro, e poi in Aula, con la dura reazione di Peppe Provenzano (uno dei papabili per il ruolo di capogruppo alla Camera) all'informativa del ministro. Per non parlare della difesa della legge sulle madri detenute o dello scontro con la maggioranza sull'elezione dei giudici speciali.

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