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Politica
"Riforme con il Recovery, non con il Mes". Il M5s smonta la tesi del Pd

Altro che emergenziale. La manovra 2021, nonostante le difficoltà del Covid, è una manovra di prospettiva, “contiene al suo interno riforme strutturali che possono veramente rilanciare la nostra economia”. Ne è convinto il deputato Giovanni Currò, capogruppo del Movimento cinque stelle in commissione Finanze. Intervistato da Affaritaliani.it, anzi, il parlamentare pentastellato ha parlato di “un’occasione unica che ha consentito di elaborare una legge di Bilancio come si sarebbe sempre dovuto fare negli anni addietro”. Proprio le riforme strutturali contenute nella manovra, inoltre, ha spiegato Currò, sarebbero vanificate da un ricorso ai fondi del Mes: “Attenzione - ha messo in guardia -: si tratta di risorse che non sarebbero aggiuntive. Non avremmo una manovra da 40 miliardi più i 37 del Fondo salva-Stati”.

Currò, andiamo con ordine. Partiamo dall’appello lanciato ieri dal governatore di Bankitalia ad agire subito per rafforzare le banche. E’ a rischio la stabilità finanziaria e, di conseguenza, i finanziamenti alle imprese?
Le banche, a mio avviso, non sono a rischio. In ogni caso, nell’ultimo decreto Liquidità il governo in primis si è posto il problema con le garanzie pubbliche per gli istituti di credito. Successivamente, con il decreto Rilancio, è stata prevista anche una ricapitalizzazione delle imprese attraverso l’ingresso dello Stato. Sia le banche che le imprese, insomma, hanno avuto rassicurazioni sulla solidità del sistema economico italiano.

Torniamo alla manovra. Dunque, lei sostiene che non sia affatto orientata solo all’emergenza da fronteggiare.
Proprio così. Anzi, ritengo che tutte le manovre che verranno dovrebbero ricalcare l’impostazione di quella attuale. Il taglio del cuneo fiscale, per esempio, è una riforma strutturale e organica. Senza contare che investiamo 8 miliardi a regime per fare la riforma del fisco. E che dire della decontribuzione del 30 per cento al Sud sul costo del lavoro, prolungata di tre anni, e della decontribuzione al 100 per cento in tutta Italia per gli under 35? Sono tutte questioni che bisognava affrontare già negli anni passati. Ora lo facciamo, sfruttando la possibilità, che ci è concessa anche in ragione della crisi, di espandere il deficit 2021 fino al 7 per cento.

Non teme reprimende da parte di Bruxelles? 
Abbiamo una manovra che si finanzia con 25 miliardi su 40 attraverso il Recovery fund. Siamo in linea con l’Europa, ma al tempo stesso facciamo anche delle riforme strutturali che possono veramente rilanciare l’economia.  

Sul fronte fiscale, in attesa della preannunciata riforma, come dovrà essere l'impianto dell'Irpef?
Io, da commercialista, non sono appassionato agli scaglioni o alla tipologia di applicazione. Per me l’unica cosa che davvero conta è riuscire ad abbassare le tasse e poter applicare un sistema fiscale che non sia drogato come quello di oggi. Abbiamo assistito, infatti, alla creazione di un sistema fiscale e poi a modifiche continue, anno dopo anno, che hanno prodotto un impianto monstre come quello attuale.

Quale sarà allora la direzione?
Un’idea di fisco chiara e semplice da comunicare pure agli investitori esteri. Bisogna dare certezze di quello che si viene a pagare facendo impresa in Italia o anche solo lavorando in Italia. La mia unica preoccupazione, dunque, è quella di rendere semplice e chiaro il fisco. E poi, altro aspetto dirimente, compatibile con i sistemi informatici attuali e, quindi, acquisibile dai software. Oltre, naturalmente, a ridurre la pressione fiscale complessiva.

Come si integra l'assegno unico familiare con l'idea di una migliore progressività della riforma Irpef, dal momento che sarà basato non più sul reddito, ma sull’Isee?
Quando arriverà il testo lavoreremo su questo aspetto. Il principio di fondo sarà commisurarlo al reddito. Occorre una maggiore osservazione della base reddituale e non di quella patrimoniale. C’è da considerare, inoltre, che l’Isee si calcola sulla base dell’impostazione fiscale attuale, mente il nuovo Isee sarà completamente differente. Ma una cosa deve essere chiara.

Quale?
Non ci sarà nessuna patrimoniale.

Lei accennava alla fiscalità di vantaggio al Sud. Siamo sicuri che riuscirà a contrastare la disoccupazione, assorbendo anche le persone che percepiscono il reddito di cittadinanza?
Per prima cosa è bene ricordare che chi percepisce il reddito di cittadinanza ha già il vantaggio di poter godere delle decontribuzioni. Poi è chiaro che questa è una scommessa che facciamo per vedere se ci sono imprenditori che vogliono andare al Sud ad investire, assorbendo così la disoccupazione. Direi che un taglio del costo del lavoro del 30 per cento è un primo passo per assorbire la manodopera esistente, collocata al Sud ma spesso costretta a migrare al Nord per mancanza di investimenti.

Insomma, lei crede che basti?
Sono molto fiducioso. Tra l’altro anche lo smart working farà sì che collocare le imprese al Sud diventi molto più facile. Senza contare che, insieme alle misure fiscali, c’è un grande piano di investimenti pubblici da finanziare col Recovery Fund.

Passiamo alla voce sanità. In manovra sono stanziati 4 miliardi. Ma vista l'emergenza non farebbero comodo anche i 37 del Mes?
Partiamo dal deficit accordato che è del 7 per cento. I fondi del Mes non sarebbero aggiuntivi. Per intenderci, non avremmo una manovra di 40 più 37 miliardi. Quindi, questi fondi andrebbero a sostituirsi al deficit del 7 per cento. Sa cosa vuol dire?

Lo spieghi.
Che non avremmo potuto fare le riforme in cantiere, a cominciare dal quella del fisco. Ma neppure gli investimenti pubblici. Come ha detto perfettamente il premier Conte - confermando le obiezioni di lunga data del Movimento cinque stelle – con il Mes avremmo un risparmio solo apparente. Se prendessimo le risorse del Mes comunicheremmo ai mercati che siamo in difficoltà, il cosiddetto effetto stigma, senza aggiungere un solo miliardo alla prossima manovra. Tra l’altro, in una fase buona per i nostri Btp sarebbe davvero il momento più sbagliato per correre questo rischio.

In che senso?
A causa dell’effetto stigma ci andremmo a finanziare probabilmente con tassi d’interesse più alti sui Btp, azzerando il risparmio teorico sugli interessi dovuto al Mes. Ecco perché se il fine, e cioè sostenere la sanità, è nobile, l’efficacia sarebbe pari a zero.

Eppure nel Movimento c’è qualcuno, per esempio il suo collega Giorgio Trizzino, che non la pensa così. Tant’è che ha aderito all’intergruppo parlamentare pro-Mes. Come la mettiamo?
Ognuno è libero di esprimersi nel Movimento. Tra l’altro, Trizzino, da medico, ha una sensibilità particolare sul tema. Ripeto: il fine è nobile, ma il problema è considerare questi fondi in un quadro economico più ampio. Trattati alla mano, le condizionalità, al netto degli accordi presi da Gentiloni in Europa, possono essere integrate in qualsiasi momento. Ed è un attimo, poi, passare dalla speculazione finanziaria sui nostri titoli al commissariamento. Ecco perché dico: ok l’ottimismo, ma stiamo tutti con i piedi per terra.

Sul Recovery, però, c'è ancora stallo in Europa. È vero che l'Italia si è portata avanti con le linee guida presentate in Ue, ma siamo sicuri che non scatterà il classico assalto alla diligenza, visto che già ci sono oltre 600 progetti di spesa presentati dai Ministeri?
Per me non è tanto importante la mole dei progetti. Anzi, ben vengano tanti progetti. La vera sfida è usare tutti i fondi perché in Italia purtroppo l’utilizzo è spesso stato limitato. Dobbiamo impegnarci a ogni livello istituzionale perché ciò non si ripeta.   

A proposito di livelli istituzionali, che ruolo dovrà giocare il Parlamento in questa partita decisiva?
Il Parlamento sarà stimolo al governo. E’ vero che negli ultimi mesi si sono susseguiti solo decreti, ma è chiaro che le Camere su questa sfida importante dovranno vigilare e accertarsi che i fondi vengano destinati e impiegati. E questo vale anche per riforme già approvate.

A cosa si riferisce?
Al Reddito di cittadinanza. Occorre intervenire sulla seconda fase di attuazione. Non dobbiamo aver paura di dire che abbiamo dato fiducia a Regioni e Comuni sui Centri per l’impiego e i Puc (Progetti utili alla collettività, ndr) e che questa fiducia è stata tradita. In alcuni casi, penso alla Campania per esempio, si è boicottato il Reddito per scopi politici. Magari per incassare voti a discapito del Movimento.

 

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