Politica
Salvini attacca Salis: "Se fosse condannata non potrebbe fare la maestra"
L’insospettabile Repubblica parla della “banda spaccacrani” tedesca a cui la Salis è sospettata di appartenere
Salvini attacca sul caso Salis: “Se fosse condannata non potrebbe più fare l’insegnante”. Tajani: attenzione a non fare come con “Zaki"
“Non si può entrare in catene in un tribunale in un Paese europeo nel 2024. Quindi bene ha fatto il governo italiano a chiedere il rispetto dei diritti umani per chiunque anche in fase di detenzione in Italia o in Ungheria che sia. Spero che Ilaria Salis possa dimostrare la sua innocenza perché se così non fosse, se fosse condannata per episodi di violenza e aggressione ovviamente per quello che mi riguarda, da ministro e da genitore, non potrebbe più fare l’insegnante di scuola elementare con bambini di 6 o 7 anni. Quindi spero che dimostri la sua innocenza altrimenti ognuno paga per quello che commette”. Queste le parole del vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini in un video postato su Facebook. Pronta la replica del padre della Salis: “Va bene tutto ma non si possono fare dichiarazioni di questo tipo. L'uscita di Salvini mi è parsa fuori luogo”. In realtà c’è dell’altro.
Su X Salvini ha fatto riferimento anche ad un altro episodio: “Le immagini di Ilaria Salis incatenata in tribunale sono scioccanti e spero che possa dimostrarsi innocente. Certo, è sorprendente che lei sia stata presente in occasione di manifestazioni violente, a Budapest come a Monza nel 2017 quando venne distrutto un gazebo della Lega. Mi permetto di dire che non sarei felice se Salis fosse l’insegnante di mia figlia”.
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Un’altra nota del Carroccio ripresa dal vicesegretario Crippa denuncia: “È finita a processo per avere “assaltato il 18 febbraio 2017, a Monza, un gazebo della Lega”. Poi è stata assolta. Peraltro c’è anche un insospettabile articolo di Repubblica che titola in un articolo di Enrico Franceschini: “Hammerbande e il caso Ilaria Salis: chi sono gli attivisti anti-neonazi che usano il martello. Il racconto di un informatore” sottotitolo: “Dalle radici nel collettivo “Antifa” alle strategie per colpire in pochi secondi singoli o cortei ai processi in Germania e Ungheria”. Nell’articolo si legge: “Il caso di Ilaria Salis, la 39enne cittadina italiana in carcere in Ungheria da circa un anno, la cui apparizione ammanettata e con i piedi incatenati a un’udienza di tribunale questa settimana a Budapest ha suscitato le proteste del nostro governo, attira l'attenzione sul gruppo militante a cui Salis è sospettata di appartenere: Hammerbande, come è chiamato in tedesco, ovvero “la banda dei martelli”.
Le dichiarazioni di Salvini hanno, come previsto, scatenato la bagarre nell’opposizione che accusa il ministro di tutto fomentando le squadracce su X che stanno utilizzando hashtag come #Salvini_fai_schifo e #SalviniPagliaccio. Il fatto è che Salvini ha espresso “ovviamente per quello che mi riguarda, da ministro e da genitore” un pensiero che invece molti italiani condividono, un pensiero pragmatico che se non fossimo nel “mondo al contrario” troverebbe immediato alloggio nelle menti anche più traviate dall’ideologia. Lo stesso articolo di Repubblica, non certo un giornale filogovernativo, riporta la notizia che la Salis: “è sospettata di appartenere: Hammerbande, come è chiamato in tedesco, ovvero “la banda dei martelli”.
Cioè il sospetto, secondo l’articolo, è che la Salis faccia parte di una “banda” spaccacrani” che gira con il martello a farsi giustizia da soli. Ed allora le dichiarazioni del ministro appaiono in una luce un po’ diversa: chi vorrebbe per i propri figli una maestra –se condannata- di tale risma? Poiché in Italia siamo garantisti costituzionalmente diciamo che la Salis sarebbe nel nostro Paese innocente fino al terzo grado ma il fatto che sia a processo comporterebbe, per una persona di buon senso, di non volerla in una scuola elementare dove dovrebbe trasmettere ai bambini ben altri valori che quelli della violenza. Il mestiere dell’insegnante, soprattutto se elementare, è infatti delicatissimo e formativo. Destano meraviglia anche le parole del padre in evidente ricerca di visibilità mediatica che invece dovrebbe rispondere, da genitore ed educatore, di questi sospetti sulla figlia mandata a processo in Italia (assolta, come detto) e in Ungheria.
È poi giusto che il governo si impegni a riportare questa sua figlia “idealista” a casa, pur nell’ambito delle gravi accuse mossele, ma il ministro Tajani dovrebbe anche ricordarsi di “Zaki l’ingrato” che una volta (giustamente) liberato dalle carceri egiziani stampò un bel calcio sulle gengive di chi lo aveva salvato.