Politica
Sondaggi, partiti: chi vince e chi perde con il governo Draghi

Di Alessandro Amadori, ricercatore e sondaggista
Se proviamo a partire dal presupposto che Mario Draghi troverà una maggioranza parlamentare disposta a sostenerlo, e che questa maggioranza comprenderà buona parte di quello che un tempo si chiamava “l’arco costituzionale”, ovvero che ne resteranno fuori solo i partiti più schierati verso i poli dell’asse politico (quindi FdI e LeU, che in realtà dell’arco costituzionale fanno ovviamente pienamente parte, la nostra è solo una metafora), possiamo porci la seguente domanda: chi rischia di guadagnarci di più, e chi rischia di perderci di più? Certo, molto dipenderà dai concreti provvedimenti che il nuovo governo prenderà, ma alcune considerazioni generali si possono comunque fare. Partito per partito.
PD. I democratici, dal 2018 a oggi, si sono nel complesso avvantaggiati dall’aver assunto una posizione fortemente “filo-governativa”. E’ probabile che questa tendenza continuerà anche col governo Draghi. Quindi, per molti aspetti, per loro ci sono sicuramente più opportunità che rischi.
M5S. All’opposto, i pentastellati, dopo aver perso la guida del governo, oltretutto con la figura di Giuseppe Conte che ha mantenuto sino all’ultimo livelli nel complesso elevati di popolarità, dovranno mettersi nell’ordine di idee di rassegnarsi a un notevole ridimensionamento. Indotto dal fatto stesso di avere un presidente del Consiglio così autorevole, e così lontano dalla tradizione grillina. In sostanza, dovranno come si dice bere un calice piuttosto amaro, nonché allontanarsi ulteriormente dalla proprie origini. In sintesi, per loro ci sono più rischi che opportunità.
Forza Italia. Da tempo plafonata su una dimensione comunque non marginale (attorno all’8% nei sondaggi), ma sicuramente priva di grandi asset da giocare a breve, FI potrebbe in qualche modo trarre nuova linfa dalla partecipazione a un governo che, in ogni caso, sarà da subito (con la sua stessa nascita) parte della storia d’Italia. Riscoprendo la sua anima di partito sensibile ai temi economici e non ideologico nell’affrontarli.
+Europa. Per motivi in fondo analoghi a quelli esposti per Forza Italia, sia pure da un’altra angolazione politica, anche questa formazione ha, dall’adesione alla maggioranza a sostegno di Conte, una prospettiva più di opportunità che di rischi. Stessa situazione anche per Azione, il partito di Carlo Calenda.
Italia Viva. La formazione di Matteo Renzi, come sappiamo, ha fatto prima nascere il governo Conte II, poi lo ha fatto finire. Prima ancora, Renzi aveva prima conquistato il PD con la sua “rottamazione”, poi ne era uscito sostanzialmente sbattendo la porta (non nella forma, ma appunto nella sostanza). Accreditato dai sondaggi di una dimensione fra il 2 e il 3 per cento, anche il partito di Renzi, a questo punto, può solo trarre vantaggio dall’essere nella maggiorana pro Draghi. Solo opportunità, praticamente nessun rischio.
La Lega. Più complessa è invece la situazione per il partito di Matteo Salvini. Da un lato, aderire alla maggioranza comporta indubbiamente la necessità di un forte adattamento sia della narrativa che dell’azione della Lega, rispetto al suo immediato passato. Ma dall’altro, c’è una doppia opportunità per Matteo Salvini. Da una parte, quella comunque di partecipare al tavolo delle decisioni, in un momento veramente storico per il Paese. Che la Lega, che è oggi il primo partito italiano nelle intenzioni di voto (e rappresenta buona parte del ceto produttivo del Paese stesso), sia confinata alla mera opposizione, è un paradosso che la Lega stessa deve cercare di evitare. Dall’altra, Salvini verrebbe a essere il vero detentore della cosiddetta “golden share” del governo. Avrebbe cioè un ruolo veramente centrale nel consentire, o meno, la prosecuzione dell’esperienza di Mario Draghi. Se usato bene, questo potere di “golden share” potrebbe aprire alla Lega scenari nuovi, impensabili sino a qualche settimana fa. In sintesi: tanti rischi quante opportunità, per il partito di Salvini.
Per finire, LeU e FdI. Trovandosi a essere le uniche opposizioni, per definizione, in un simile scenario, ne uscirebbero rafforzati.
Questo, in definitiva, il quadro “a tavolino”. Col tempo vedremo se avremo avuto, o meno, ragione.