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Politica
Taranto, il porto in mano ai cinesi? Forza Italia attacca la Via della Seta

"La Cina è interessata al porto di Taranto". Lo aveva detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio allo scorso China International Import Expo di Shanghai, a novembre. La cosa era passata piuttosto inosservata, anche se Affaritaliani.it ne ha scritto più volte, sin dal marzo 2019 quando il governo gialloverde ha aderito alla Belt and Road di Pechino. La Cina, oltre a Trieste e Genova, sembra aver messo da tempo gli occhi sull'hub pugliese, che potrebbe offrire importanti sbocchi verso Mediterraneo e Nord Africa. Il tutto anche se per attrarre davvero Pwechino ci vorrebbe una strategia infrastrutturale più vasta che dovrebbe comprendere anche il trasporto su terra.  Le società cinesi, già presenti a Vado Ligure nel nuovo terminal inaugurato lo scorso dicembre, potrebbero ora arrivare a Taranto, almeno secondo quanto racconta il Giornale, che cita la Ferretti Group, società bolognese partecipata dalla cinese Weichai Group, che ne possiede l'86% dopo averla salvata dal fallimento negli scorsi anni. 

Il Movimento Cinque Stelle sostiene l'iniziativa, che potrebbe portare investimenti infrastrutturali importanti, oltre che conferme (nella loro ottica) della bontà della scelta di aderire alla Nuova Via della Seta. Ulteeiori segnali sono arrivati dalle mascherine recapitate a Taranto dalla China Communication Construction Company nelle scorse settimane. Ma c'è chi non vede la cosa di buon occhio: si tratta di Forza Italia, i cui deputati hanno preparato un'interpellanza al presidente del consiglio Giuseppe Conte e al ministro delle infrastrutture e dei trasporti Paola De Micheli per capire se davvero il porto possa entrare nella galassia di Xi Jinping (nel documento erroneamente chiamato "Xi Ping").

Ecco che cosa si legge nell'interpellanza dei deputati di Forza Italia

il Memorandum sulla via della Seta, siglato tra Stato Italiano e Repubblica popolare Cinese nel marzo 2019 a Roma, prevede importanti investimenti cinesi nei principali porti italiani;

il gruppo cinese China communication construction company (CCCC - un’azienda dello Stato Cinese) investirà sia nel porto di Trieste, l’accordo è stato siglato nel novembre 2019, che nel porto di Genova. Ma le manifestazioni di interesse cinesi riguardano anche i porti di Venezia e Ravenna, di Palermo, che è stata visitata dal leader cinese Xi Ping nei giorni della firma del Memorandum, e di Gioia Tauro. I cinesi della COSCO sono presenti dal 2016 nel porto di Vado Ligure come partner (49%) della danese Maersk. La Port Authority di Singapore controlla il porto di Voltri – Pra;

per quanto riguarda il porto di Taranto, l’interesse della Cina è noto da diversi anni. Anche qui l’investitore dovrebbe essere la CCCC. Il porto che costituisce un centro intermodale e logistico vicino al canale di Suez, è gemellato con quello di Shenzhen e rientra nel progetto della Via della Seta come punto di affaccio sul Mediterraneo e di collegamento con l'Asia; dal momento della firma del Memorandum, taluni esponenti del M5S con incarichi di Governo, hanno sottolineato il coinvolgimento del porto di Taranto nella strategia cinese. Il 5 novembre 2019 il Ministro degli esteri Di Maio all’expo sull’import di Shangai ha dichiarato che sui moli del porto pugliese “c’è un interesse che porterà presto ad iniziative” Sono note le ripetute esternazioni del sottosegretario alla presidenza del consiglio Mario Turco. Nel 2018 e nel 2019 L’Autorità portuale di Taranto ha partecipato alla fiera CLTF dedicata ai trasporti e alla logistica che si svolge a Shenzhen;

E' in via di costituzione presso il porto di Taranto una Zona economica speciale Interregionale Puglia-Basilicata. Il 29 aprile 2020 è stata definita da parte dell'Agenzia delle Dogane e Monopoli della perimetrazione della zona franca interclusa del porto di Taranto, costituita da 11 aree per 162 ettari;

nella medesima area sono programmati importanti interventi, che peraltro richiedono ingenti finanziamenti: piastra portuale di Taranto, nuova diga foranea di protezione del porto fuori rada, ampliamento del V sporgente, riqualificazione della banchina e dei piazzali in radice del molo polisettoriale, potenziamento dei collegamenti ferroviari del complesso del porto di Taranto con la rete nazionale, interventi di messa in sicurezza e bonifica della area ex Yard Belleli;

è di questi giorni la notizia che proprio in quest’area la società cinese Weichai Group, proprietaria all’86% della Ferretti Group, intende fare un importante investimento produttivo nell’ambito della cantieristica nautica. Questa operazione si svolge con l’appoggio del sottosegretario Mario Turco;

la città di Taranto riveste un ruolo crescente per la strategia NATO. L’Alleanza Atlantica ha bisogno della disponibilità del porto di Taranto Mar Piccolo e Mar Grande, per le infrastrutture militari strategiche. Da tempo si sta lavorando a questa transizione, assieme alle trasformazioni in corso presso altre basi militari dell’Alleanza (Napoli, Sigonella, Niscemi, Vicenza) e alla riprogrammazione del ruolo della NATO;

per quel che riguarda le modalità operative con cui l’Italia sta attuando il Memorandum sulla Via della Seta, sia il Governo che le Autorità portuali nazionali, appaiono procedere in ordine sparso, ciascuna con una propria strategia, ma senza una direttiva di carattere nazionale. Ogni Autorità cerca di chiudere accordi utili per sé, senza valutare l’utilità in termini di Paese. Viceversa la controparte cinese si muove in modo coordinato, lasciandosi aperta la strada a più opzioni, non confliggenti tra loro;

se è giusto collaborare in termini economici con tutti i Paesi, tuttavia non possiamo consegnare le infrastrutture più importanti del nostro Paese, che è al centro del Mediterraneo e quindi al centro sia dei traffici mondiali che dello scacchiere strategico internazionale, a Stati che hanno potenza economica notevole e una propensione ad egemonizzare i mercati;

quali siano gli orientamenti del Governo in merito alle ipotesi di investimento di società cinesi, in taluni casi direttamente controllate dal Governo cinese, nel porto di Taranto e più in generale, nei porti italiani individuati in premessa;

quali risorse si intendono impegnare per l’ammodernamento del porto di Taranto e a sostegno di investimenti cinesi e se sia a conoscenza, per questo scalo, di manifestazioni d’interesse di altre società cinesi; 

se non si ritenga opportuno evitare che le varie Autorità portuali nazionali sottoscrivano documenti impegnativi con imprese di Stati non facenti parte dell’Unione europea, senza aver ottenuto specifici indirizzi operativi dal Parlamento; se non intenda adoperarsi affinché tali iniziative si muovano nel quadro di una strategia nazionale concordata e coordinata tra tutte le autorità coinvolte, tenuto conto del ruolo che l'Italia riveste nell'Unione europea e nell’Alleanza Atlantica.

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