Politica
Giustizia, non ci sarà un 1992: stavolta gli italiani stanno con la politica

Quanto sta accadendo sembra un replay di quello che successe trent’anni fa
Giustizia, c’è il rischio che questa legislatura si trasformi in una guerra tra governo e magistratura
Fra politica e magistratura si ripropone, trent’anni dopo “Mani pulite”, la questione del loro rapporto, la constatazione della mancanza di reciproca indipendenza e di rispetto. Così in Italia torna d’attualità, con un esecutivo di destra-centro per di più con una premier con il vento in poppa, lo scontro magistratura-governo. Una parte delle toghe, ideologicamente con l’opposizione della variegata sinistra in crisi d’identità di valori di voti, rientra in gioco puntando a colpire la maggioranza di governo.
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Senza entrare nel merito delle singole vicende, assai diverse fra loro, e fatte le debite differenze, il caso Santanchè (l’avviso di garanzia non è una condanna, né un rinvio a giudizio), l’imputazione coatta per Dalmastro, la stessa bega del figlio del presidente del Senato La Russa denunciato per violenza sessuale da una 22enne, paiono il replay, quanto meno negli obiettivi, di quello che accadde trent’anni fa: colpire con l’aggressione mediatica-giudiziaria-politica un ministro per indebolire il governo fino a farlo cadere.
Ancora una volta, da parte di certa stampa e di certa sinistra, si tenta di strumentalizzare la realtà: un “avviso” inviato per tutelare l’indagato viene “venduto” come una condanna implicita o, all’opposto (anche questo va detto), come un tentativo di persecuzione. Essere indagati non vuol dire essere colpevoli e anche all’epoca di “Mani pulite” la stragrande maggioranza di chi ricevette avvisi di garanzia fu poi assolta. Inchieste aperte con clamore poi evaporate, anche oggi, come l’ultima vicenda milanese sui rapporti tra Lega e Russia.