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Politica
Un super ministero alla Fantozzi. M5s? Bella idea, ma poco fattibile

E’ finito persino nel quesito su cui dovranno oggi pronunciarsi gli iscritti M5s. Il super “mega galattico” ministero della Transizione ecologica. La nuova bandiera sventolata dal garante Beppe Grillo per cercare di rendere meno indigesto alla base un eventuale via libera al governo Draghi. Un’idea suggerita proprio dal fondatore e, a quanto pare, condivisa dallo stesso presidente incaricato. Molto forte la suggestione di un ministero che fonda “le competenze per lo sviluppo economico, l’energia e l’ambiente”, come ha scritto Grillo sul suo blog. Giusto, inoltre, ricordare come fa il garante M5s, che in altri Paesi tipo Francia e Spagna sia già una realtà. Ma è appunto facendo i conti con la realtà che una simile proposta fa arricciare il naso. Davvero si pensa di riuscire ad andare oltre lo spot? Davvero c’è qualcuno che crede realizzabile subito un ministero di tale portata e soprattutto senza rischiare di compromettere proprio quel Recovery plan che è in testa alle priorità del nascente governo?

I ministeri più coinvolti in questa operazione, infatti, sarebbero  l’Ambiente e il Mise (forse anche le Infrastrutture, ma è tutto da vedere). Guarda caso, i due dicasteri chiave del Recovery che, dettaglio non da poco, l’Europa attende entro aprile. Il paradosso, casomai, è che nel Conte due in fin dei conti un raccordo tra via Cristoforo Colombo e via Veneto c’è stato e ha funzionato. Complice il fatto che entrambi i ministeri, con Sergio Costa e Stefano Patuanelli, sono stati (e lo sono ancora per gli affari correnti, ndr) in capo allo stesso partito e cioè al M5s.  

E’ chiaro che non serve nessuna sfera di cristallo per dire che il fattore tempo è decisivo e, quindi, per ipotizzare come andranno le cose. Basta guardare all’esperienza recente e cioè alla scomposizione del Miur in Mi e Mur. Da che fu partorita la norma in Cdm alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale è trascorso su per giù un anno. Ma al di là del piano normativo, è tutta la macchina che ha dovuto avviarsi, dai regolamenti al bilancio. Una serie di passaggi che sarebbero obbligati pure per la nuova struttura ministeriale. Insomma, un’operazione complessa. Facile a dirsi e difficile a farsi. Ci sono i gabinetti, le direzioni generali. E che dire del personale? Tutto da riorganizzare e di certo non in un battito d’ala.

E nel caso del ministero green peserà, per forza di cose, anche il fattore spazio. Dovrà pur avere, infatti, una sede centrale o no? A spanne vien da dire che servirebbe pure abbastanza grande per poter tenere sotto lo stesso tetto competenze e direzioni che già i ministeri attuali inglobano. Lungi dal voler essere disfattisti - perché in effetti la nuova bandiera targata Cinque stelle ha una sua giusta ratio –, ma c’è poi da mettere sul piatto un'altra questione non di poco conto: non siamo all’inizio di una legislatura, il governo nascituro non ha davanti a sé un orizzonte di cinque anni per riuscire ad armonizzare gli apparti amministrativi, definire le competenze, spostare direttori generali e funzionari amministrativi, oltre che gestire gli atti. Come se non bastasse, inoltre, potrebbe trattarsi di un esecutivo che dura un solo anno, visto che non è neppure da escludere un trasloco di Mario Draghi da Palazzo Chigi al Colle più alto.

E pensare che uno dei primi atti del governo Conte due fu proprio il ddl per la riorganizzazione dei ministeri che conteneva al suo interno pure una ridenominazione di quello dell’Ambiente in “Ministero dell’Ambiente e della transizione ecologica”. Peccato che, poi, l’articolo in questione venne espunto nel passaggio del ddl in commissione Ambiente del Senato per mancato accordo tra le forze politiche. A onore del vero c’è da dire, però, che da gennaio 2020 esiste un dipartimento della Transizione ecologica a via Cristoforo Colombo. Rientra nella ristrutturazione voluta da Costa e si articolo in quattro direzioni generali, quella per l’economia circolare, quella per il clima, l’energia e l’aria, quella per la crescita sostenibile e quella per il risanamento ambientale. Ma tant’è, ora l’amo per il super ministero è stato lanciato. Anche se ancora non dalla viva voce del presidente incaricato. Potrebbe alla fine trattarsi solo di un coordinamento, magari in capo alla presidenza del Consiglio, propedeutico a un progetto futuro più ampio? Chissà. Pure in questo caso, tuttavia, se poi i singoli ministeri coinvolti fossero affidati a componenti politiche diverse il cortocircuito sarebbe sempre dietro l’angolo. Una cosa è certa, comunque: ci vuole davvero tanta immaginazione per pensare di rispettare le scadenze del Recovery mentre in corsa si stanno modificando gli assetti amministrativi di due, se non tre, dicasteri chiave.

 

 

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