Fisco e Dintorni
Processo tributario: nuovo onere della prova per il Fisco

I Giudici di Milano hanno annullato un accertamento fiscale perché l’Amministrazione non ha dimostrato l’evasione del contribuente in maniera “puntuale”, come stabilito dalla recente riforma tributaria.
Cadono dunque le presunzioni usate dal Fisco? Abbiamo chiesto chiarimenti all’Avvocato Matteo Sances e al Dott. Marcello Guadalupi di MilanoPerCorsi.
Con la recente sentenza n.2380/2023, depositata il 28 giugno scorso, la Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di Milano ha annullato un accertamento dell’Amministrazione finanziaria applicando le nuove regole relative all’onere della prova previste a carico del Fisco e stabilite con la legge n.130/2022 (si veda la SENTENZA ).
Per comprendere meglio le motivazioni abbiamo chiesto chiarimenti ai professionisti di MilanoPercorsi, ossia al Dott. Marcello Guadalupi e all’Avv. Matteo Sances.
Avvocato Sances, cosa sancisce la sentenza di Milano?
La recente sentenza n.2380/2023 risulta di grande interesse soprattutto perché è tra le prime a interpretare il nuovo articolo 7, comma 5bis del Dlgs n.546/92, il quale prevede che << L'amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l'atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo CIRCOSTANZIATO e PUNTUALE, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l'irrogazione delle sanzioni…>>.
In pratica, seppur non sembrano esserci novità sostanziali dal punto di vista “dell’onere della prova”, in quanto anche in passato era il Fisco a dover provare le proprie pretese (sul punto si segnala la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n.16361/2018 ), la nuova normativa punta a ridimensionare il peso delle presunzioni semplici operate dal Fisco imponendo ai giudici un vero e proprio obbligo di verifica sulla tenuta delle stesse anche all’interno del processo.
I giudici di Milano, infatti, oltre a precisare che le nuove regole valgono anche per i processi in corso, sanciscono a pagina 3 della sentenza che “l’Amministrazione finanziaria è tenuta a dimostrare in modo puntuale e circostanziato la propria pretesa erariale e indicare precisamente le ragioni oggettive alla base della pretesa erariale e della fondatezza dell’atto emesso. In mancanza di tale dimostrazione, l’atto impositivo deve essere annullato”.
Ma non solo. Grande rilievo è stato dato dai giudici al comportamento delle parti nel corso del processo.
Nello specifico Dott. Guadalupi, quanto influisce il comportamento processuale del Fisco ai fini della validità dell’accertamento fiscale?
Proprio al fine di valorizzare il nuovo dettato della norma – il quale, come già detto, stabilisce che la prova della fondatezza della pretesa fiscale deve essere “circostanziata” e “puntuale” – i giudici di Milano hanno annullato l’accertamento poiché il Fisco nulla ha replicato in merito alle giustificazioni fornite dal contribuente nel corso processo.
Sul punto, infatti, i giudici di Milano dichiarano che “Pur ritenendo legittima la ricostruzione indiretta dei ricavi operata dall’Ufficio, lo stesso nulla ha replicato rispetto alla puntuale e metodica replica di parte ricorrente. Nello specifico, ad esempio, nulla viene eccepito rispetto a quanto sostenuto dalla Parte sulla sostanziale congruità degli studi di settore, come provato dalla Parte…”.
L’assenza di contestazioni da parte del Fisco alle giustificazioni del contribuente è stata dunque intesa dai giudici come una grave mancanza dei requisiti richiesti per la prova (ritenuta non “circostanziata” e “puntuale”) e in mancanza di ciò ne è conseguito l’annullamento dell’accertamento fiscale.
Attendiamo quindi di visionare nuove sentenze su questi aspetti nei prossimi mesi, al fine di comprendere se questa interpretazione sarà condivisa o meno da altri giudici.