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Il Sociale
Ai telegiornali piacciono le catastrofi

Ambiente e clima non fanno quasi mai notizia. A meno che si tratti di notizie dal tono fortemente emotivo o emergenziale, come nel caso dei disastri naturali. E le principali fonti di informazione, telegiornali e quotidiani, raramente dedicano spazio ad analisi qualitative sullo stato di salute del creato e alle buone pratiche sostenibili. A lanciare l’allarme, dati alla mano, è Pubblicità Progresso, presentando, in occasione del Festival della Comunicazione Sociale, quanto emerge da recenti studi realizzati dall’Osservatorio di Pavia sulla rappresentazione della sostenibilità nei media.

In particolare, nel periodo gennaio-settembre 2016 i 7 principali telegiornali Italiani (Rai, Mediaset, La7) durante il primetime hanno prodotto 35.278 notizie di cui 2.702 dedicate ai temi ambientali (pari al 7% del totale delle notizie, mentre nel 2015 la percentuale era del 3%). Nello specifico, le notizie ambientali riguardanti l’Italia, ha spiegato Giovanni Sarani, consigliere d’amministrazione dell’Osservatorio di Pavia, hanno fatto la parte del leone (84% vs 16% estero); i temi più trattati sono stati: incidenti e calamità (48%), meteo (17%), best practices (17%), degrado/inciviltà (13%) e natura (5%).

Secondo Sarani, i mali dell’informazione ambientale in Italia sono tre: il “sensazionalismo”, la “prossimità” intesa come eccessiva enfasi alla dimensione domestica senza prestare interesse a tematiche di respiro globale come, per esempio, l’innalzamento dei livelli di emissione di Co2 oppure il surriscaldamento climatico. Infine, il fenomeno dei “divulgatori improvvisati”, visibile anche nella tendenza a dare più spazioa alla vox populi che neanche agli esperti.

A girare il coltello nella piaga è Alberto Contri, presidente di Pubblicità Progresso: “è piuttosto inevitabile che i tg inseguano le notizie drammatiche: in fondo richiedono meno lavoro redazionale”. Mentre “le notizie che richiedono di essere contestualizzate, argomentate o spiegate sono le meno gradite alle redazioni anche per la mancanza di tempo”.

È la stessa dinamica che Contri denuncia da tempo, riferendosi alle conseguenze negative della “rivoluzione del web”, per quanto riguarda la comunicazione sociale: “non interessa perché si ha una visione stereotipata della medesima, a base di immagini mense e strappalacrime. Mentre nella mediateca di Pubblicità Progresso, tra le 2800 campagne archiviate, negli ultimi anni abbiamo raccolto da tutto il mondo intelligenti e creative campagne su temi difficili come l’Aids, la disabilità grave, l’alzheimer, la violenza alle donne, che usano il linguaggio dell’ironia per far riflettere meglio e attirare l’attenzione del pubblico. Le abbiamo proposte spesso… ma non c’è niente da fare. Basta vedere cosa è stato mandato in onda nella giornata contro la violenza alle donne…”. E aggiunge: “giornali e telegiornali hanno sempre meno spazio da dedicarci”. Persino, confida, prestigiosi associati della primissima ora si comportano così.

A denunciare la difficoltà nel “collegare alle cause molteplici conseguenze cui tutti assistiamo da tempo, basti pensare alle ultime tre estati che sono state le più calde del secolo”, è intervenuto Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana. Mentre Gino Schiona, direttore generale CiAL (Consorzio Imballaggi Allumini), ha aperto uno spiraglio di luce facendo presente che, “quando parli di Protocollo di Kyoto o di Cop 21, inevitabilmente parli solo a quelli che hanno gli strumenti per comprendere tematiche così complesse. Per parlare a tutti devi saper decodificare”. E ha precisato. Sono tutte cose di cui “extra media” se ne parla sempre di più.

fonte http://www.primaonline.it

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