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Il calcio sopravvivrà anche allo scandalo scommesse: è l'ultimo rito laico
Non più fenomeno di cultura, celebrato da Sartre, Pasolini, Rushdie, ma azzimato empireo dove super ricchi vivono vite da sogno. Ma gli italiani li amano
Il calcio riuscirà a sopravvivere anche a questo ennesimo scandalo
Il gioco del pallone? Ne hanno scritto e lo hanno celebrato scrittori, filosofi e intellettuali da ogni parte del mondo, il calcio è, come diceva Sartre, una metafora del mondo, perché lo attraversa a tutte le latitudini ed è condiviso come un rituale sacro o pagano, come preferito da tutte le classi sociali e culturali. Alfonso Gatto e Leonardo Sinisgalli, poeti, si scontravano peggio che un derby meneghino, e Pasolini ha scritto cose illuminanti e definitive ma insieme a Rushdie, Saba a Galeano e perfino Borges, ma quello di cui vogliamo parlare oggi è lo stato antropologico in cui versa questo meraviglioso sport.
Oggi appare più simile ad uno spettacolo da circo lussuoso che frutto dell’analisi linguistica dell’indimenticato Gianni Brera, inventore inarrivabile di linguaggi e di metafore sorprendenti, cosa penserebbero questi grandi alla vista splendente e terrificante del gioco del pallore odierno?Partiamo ovviamente dai giocatori sempre più vicini a quelli del Rollerball, il gioco sociale che era rimasta l’unica fonte di violenza nel futuro immaginato in quel meraviglioso film di Norman Jewison.
Poco di umano, nessun contatto reale col mondo e costruzione sistematica di personali torri eburnee dove consegnare al popolo-suddito la propria ricchezza smodata nella costruzione di una mitologia contemporanea sempre più vicina all’ultima forma universale di religione. Lo spunto è l’ennesimo scandalo o scandalone su presunte scommesse, su partite “corrette”(?) ,insomma il solito rituale che confina non a caso tra l’enorme fascino popolare del gioco, e l’interesse malavitoso, torbido e minaccioso di tutto il contesto, dove gli schemi geometrici, le marcature a zona e a uomo, e la bellezza fisica ed estetica degli artefici, passano totalmente in secondo piano.
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Il sogno del calcio accomuna irrazionalmente le menti profonde e semplici, tutti allenatori, si dice, perché tutti gli spettatori sanno o saprebbero come fare per vincere, o far vincere la propria squadra del cuore , per “quell’amore monogamo che dura tutta la vita” come diceva Rushdie, sia per quanti “ne capiscono”, sia per quelli che non sanno neppure quanti siano i giocatori. Ma il fascino permane anche se la vista di questi marziani li rende qualcosa di totalmente lontani dal mondo e dalla quotidianità, in una specie di proiezione ideale, tra umanità e divinità, sempre su fuoriserie, con fidanzate meravigliose, case kitsch e spettacolari, in posti esotici, e su panfili lucidi, la loro vita, a parte James Bond, è quella che tutti vorremmo vivere, traumi compresi, perché quel gioco vale la candela d’oro.
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Ora si parla di ludopatia a proposito di alcuni giocatori che avrebbero scommesso non sappiamo esattamente su cosa(vittoria, sconfitta? della propria? di altre squadre?) intanto nel pentolone già in potente ebollizione, per faccende di doping e di bilanci, questa “paparazzata” spettacolare nata dalla resurrezione di Fabrizio Corona, probabilmente preoccupa i calciomani molto più di guerre, inflazione, spread e casse integrazioni.
I giocatori/gladiatori sembrano invulnerabili, ologrammi prodotti dall’Intelligenza artificiale per venerare la dea Eupalla (Brera), ma son poco coinvolti dalle miserie umane, tra investimenti, dolce vita e rapporti coi procuratori (sportivi e non giudiziari), veleggiano indifferenti verso la prossima domenica dove si giocherà l’ennesima magia collettiva capace di cristallizzare l’interesse del mondo solo su quei novanta minuti, gli unici per cui vale la pena vivere e gioire.
Il gioco del pallone vivrà in splendida salute anche dopo questo scandalo e sarà sempre più forte dei suoi detrattori e di tutti quelli, e sono molti, che in questi anni lo hanno sporcato, si giocherà negli stadi, nelle strade ,nei campetti spelacchiati, tra rifiuti o prati rigogliosi, sempre, ovunque comunque, perché questa passione non si può spegnere, e non si può confrontare con nulla di razionale: è, semplicemente una beatificazione dello spirito umano.
Cosa volete che possa contare una scommessa, o un milione di scommesse, per una folla che ride e piange per un gol, o per presunti traffici illeciti, truffe vere o presunte sui risultati, se un bambino continuerà a dare calci ad un pallone, immaginando di diventare l’idolo che ha sul manifesto in camera e vedere magari anche lui quella “luce di dolce crepuscolo sul campionato”.