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Sì, belle le Olimpiadi e gli Europei ma gli italiani hanno l'acqua alla gola

Grazie allo sport, prima gli Europei di calcio poi le Olimpiadi, l’Italia fa un balzo in avanti nel mondo sul piano dell’immagine ricevendo anche una spinta per credere più in se stessa e uscire dalla crisi che l’attenaglia, causa Covid, ma non solo. C’è però anche il rovescio della medaglia: l’effetto sbornia. Che, cioè, il “Paese reale”, al di là del momento di esultanza – storicamente un attimo – torni nel suo stato di agnosticismo, per i più di pessimismo, sotto il peso della realtà quotidiana, con gran parte degli italiani insoddisfatti, molti con l’acqua alla gola, oggi per di più divisi, al di là delle percentuali, sulle vaccinazioni e sul Green pass. Davvero una medaglia d’oro olimpica può spingere l’ottimismo fino a considerare l’Italia un “Paese nuovo” un Paese fuori dai guai?

La storia insegna che “pessimismo” e “ottimismo”, specie se immotivati, possono portare un Paese alla rovina materiale e non solo. Draghi ha appena detto che la crescita (+5%) è superiore alle attese prefigurando una ripresa sostanziosa dato che il recupero del Pil rispetto al crollo del periodo della pandemia è significativo superando, ad esempio, quello della Germania e della Francia. Sull’altro piatto della bilancia pesa negativamente la crescita che anche prima della pandemia era appena sopra lo 0,5%; pesa la mancanza di un vero piano nazionale di ripresa indispensabile per l’utilizzo del Recovery Fund; pesa la perdita di tanti grandi brand italiani (circa 1000), ossatura del Made in Italy, passati in mani straniere e anche la fuga all’estero (quasi 50.000) – in particolare nei Paesi Occidentali ma anche in Cina, oltre che nell’Est Europa - di  tante piccole e medie imprese con conseguenze drammatiche anche per l’occupazione. Per non parlare dei mali cronici: dalla scuola alla giustizia, dalla sanità alla pubblica amministrazione, dalle tasse ai privilegi e così via. In generale pesa la convinzione che la barca Italia sia bucata e continui a imbarcare acqua. Che al là del tentativo del governo di quasi unità nazionale con un premier di qualità qual è Draghi, si continui a girare su se stessi, senza rotta.

In molti c’è la convinzione che una parte dell’Italia “forte” se ne sia andata e che quel buono che resta nel Belpaese sia in svendita, comprato dal capitale straniero. Da una parte degli italiani, più che un traghettatore verso il nuovo, Draghi è considerato un (buon) tappabuchi pro tempore, di fatto usato dal sistema nazionale e internazionale per lasciare tutto come prima, anzi, alla fine, per allargare ancor di più le sperequazioni portando il Paese nelle secche. La responsabilità di questa situazione, ovvio, sta nel manico, cioè nella politica, nei partiti, nei governi e nelle istituzioni che di fatto stanno solo tentando di preservare se stessi. Proprio alla vigilia della settimana di ferragosto ecco la novità: non quella del green pass, bensì la data delle elezioni amministrative che il 3 e 4 ottobre prossimo chiameranno alle urne 12 milioni di italiani di 1.162 comuni, tra cui 18 capoluoghi di provincia, con in testa Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna. C’è già, nei partiti, chi mette le mani avanti dicendo che sono solo elezioni amministrative. Questa è la prima cartina del tornasole per il governo e, soprattutto, è il termometro sullo stato di salute dei partiti, in primis  del M5S.

Si tratta di vedere se l’effetto Conte, nuovo leader dei grillini in crisi di identità e non solo, si tradurrà nel voto, sapendo che i pentastellati sono dati in caduta libera. In caso di debacle dei 5stelle,  la forza parlamentare numericamente più consistente, sarà difficile far finta di niente rifugiandosi dietro alla foglia di fico di elezioni periferiche. Dal 3 agosto è scattato il “semestre bianco” dentro il quale il presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere.  Ma, se davvero dalle urne del 3 e 4 ottobre il M5Stelle esce a pezzi, sarà difficile far finta di niente e non chiamare gli italiani al voto anticipato nella primavera 2022. Sarebbe un imbroglio. Peggio ancora, un errore politico. Perché a forza di tirare, la corda può spezzarsi.  

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