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Finanza

Draghi alza le stime su Pil e inflazione

Mario Draghi rivede al rialzo le stime sul Pil in Eurolandia, così come quelle sull'inflazione. Non solo. Conferma il QE e assicura che i tassi di interesse resteranno bassi per un "periodo esteso".
Insomma, la Banca Centrale Europea sta facendo fi tutto per tentare di irrobustire la fragile ripresa ed evitare l'incubo della deflazione modello Giappone. Il problema è che nel 2017 la Germania va alle urne per il rinnovo del Bundestag e Angela Merkel, per evitare un'ulteriore crescita della destra di Afd già arrivata al 15%, farà di tutto per impedire il lassismo di alcuni paesi europei, prima fra tutti l'Italia.

In sostanza si va verso lo scontro tra le autorità monetarie di Francoforte, impegnate a rilanciare l'economia, e la rigidità della Cancelliera di Berlino preoccupata dal prossimo appuntamento con le urne. Difficilmente il governo federale tedesco lascerà mano libera a Draghi. E più le elezioni del Bundestag si avvicinano e più la contrapposizione Bce - Governo tedesco rischia di esplodere e di condizionare l'intera politica europea. 

La BCE, che ha lasciato i tassi di interesse fermi al minimo storico, alza la stima della crescita 2016 dall'1,4% all'1,6%, e ritocca anche la stima dell'inflazione, che passa dallo 0,1% allo 0,2%. In questo scenario, pesano le parole del presidente Mario Draghi. La ripresa resta "modesta ma stabile". La crescita, spiega, "continua ad essere sostenuta dalla domanda interna" mentre incidono negativamente "le esportazioni deboli". Secondo i dati, la crescita "è proseguita nel secondo trimestre, anche se forse a un tasso inferiore rispetto al primo trimestre".

La domanda interna "resta sostenuta dalla trasmissione delle nostre misure di politica monetaria all'economia reale". Ma i rischi per le prospettive di crescita dell'area dell'euro "rimangono orientati al ribasso", anche se l'equilibrio dei rischi "è migliorato" grazie anche agli effetti della politica monetaria. I rischi al ribasso "continuano a riguardare gli sviluppi nell'economia globale, il prossimo referendum britannico e ad altri rischi geopolitici".

Secondo le agenzie, proprio al rischio Brexit guarda il numero uno dell'Eurotower. La posizione della BCE rispetto all'ipotesi è inequivocabile: "Rimanere nell'Unione europea fa bene alla Gran Bretagna e fa bene all'Europa", scandisce il presidente Mario Draghi, assicurando comunque che l'Eurotower "è pronta a qualunque scenario". E che, in particolare, in caso di uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, la BCE "valuterebbe la natura e l'impatto dell'eventuale shock", vigilando anche "sugli effetti secondari".

La preoccupazione principale resta comunque rivolta all'inflazione. Draghi, ribadendo che i tassi di interesse rimarranno a questo livello o più bassi "per un esteso periodo di tempo", torna anche a sostenere con chiarezza che nel contesto attuale "è fondamentale assicurare che l'inflazione molto bassa" non comporti "effetti di secondo livello sui salari e sulla fissazione dei prezzi". Da qui la determinazione a intervenire tempestivamente, con ogni mezzo a disposizione. Il Consiglio direttivo, assicura il numero uno dell'Eurotower, "seguirà attentamente l'evoluzione delle prospettive per la stabilità dei prezzi e, se necessario per raggiungere il suo obiettivo, agirà utilizzando tutti gli strumenti disponibili nell'ambito del suo mandato".

Altrettanto ferma la risposta a una domanda che, visti gli attuali livelli dei prezzi, ricorre. "Siamo contrari a rivedere l'obiettivo per inflazione", fissato a un livello più basso ma vicino al 2%. Draghi spiega anche perché: una scelta del genere "minerebbe la credibilità" della Banca centrale.

 

Paolo Brambilla