Su WhatsApp no, ma su Facebook sì: ecco quando c'è diffamazione aggravata

Il motivo è legato alle pubblicità che mancano in chat e sono presenti invece sui social e sui siti. Il numero di persone raggiungibile è contenuto

di Redazione Mediatech
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Cassazione, la differenza tra Whatsapp e Facebook in termini giuridici. Cambia tutto

La Cassazione si è espressa un tema molto dibattuto, c'è differenza tra la diffamazione aggravata su WhatsApp rispetto a Facebook, la risposta dei giudici è sì, tra la chat e i social in termini giuridici esiste una differenza. L'offesa, infatti, - si legge su Italia Oggi - non risulta arrecata con il mezzo della pubblicità: il web e Facebook, sul punto, sono assimilati alla stampa perché l'espressione ingiuriosa può raggiungere un numero indeterminato di persone. Il gruppo WhatsApp, invece, è per natura destinato a un numero ristretto di persone che si accettano a vicenda.

Lo scambio di comunicazioni resta riservato o comunque non dà luogo a una diffusione incontrollata come avviene sui social. Così la Corte di cassazione, sez. 5, con sentenza 37618/2023, del 14 settembre. Principio di tassatività. WhatsApp agevola la comunicazione ma il messaggio raggiunge solo gli iscritti alla chat, che comunque - prosegue Italia Oggi - possono condividerlo, senza che tuttavia la comunicazione perda la connotazione di riservatezza.

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Diverso è Facebook, dove più persone possono condividere contenuti. Il libero accesso al sito web poi equivale alla scelta di leggere un giornale. È il principio di tassatività che vige in ambito penale a escludere che WhatsApp possa essere equiparato ai social e ritenuto mezzo di pubblicità. Così un carabiniere inizialmente condannato a 5 mesi e 5 giorni ha visto cambiare la sentenza a suo favore: non è aggravata la diffamazione su WhatsApp, pena decisamente inferiore.

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