Giustizia, Meloni non vuole lo scontro totale: Mattarella arbitro
La premier userà la tattica del bastone e della carota. Il capo dello Stato arbitro per spegnere la lite coi magistrati
Scontro sulla giustizia tra Meloni e magistrati
Giorgia Meloni, dopo quasi un anno di governo, ha “perso l’innocenza” ed ha incocciato la magistratura, una esperienza che prima o poi ogni politico deve fare. Il suo rito di iniziazione però è stato particolarmente traumatico, perché ha ricevuto tre siluri invece di uno solo, come in genere avviene.
Il primo è stato la vicenda della ministra Daniela Santanchè. Quando la Legge attacca un ministro è sempre un problema, se non altro perché si pone il dilemma se appoggiarlo oppure no. Poi, contemporaneamente, dalla tolda di comando di Palazzo Chigi, la Meloni ha visto arrivare un altro siluro: quello della vicenda relativa ad Andrea Delmastro ed infine è arrivato un terzo ordigno, relativo questa volta al Presidente del Senato e cofondatore di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa con il figlio indagato per stupro.
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Iniziamo dal primo. La ministra del Turismo è indagata da nove mesi per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio per le vicende del gruppo editoriale Visibilia, che lei stessa ha fondato. In sé un reato non rilevantissimo che inizialmente poteva anche prevedere l’abbandono al suo destino della Santanchè.
In generale, infatti, è difficile tenere a bordo un ministro indagato, perché si è fatti segno dalle opposizioni di continui attacchi ed anche a livello internazionale non si fa certo una bella figura. Ma poi, subito dopo è avvenuto il caso del Sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, accusato di rivelazione di segreto d’ufficio per la nota vicenda di Giovanni Donzelli e dell’anarchico Alfredo Cospito.
Delmastro aveva raccontato a Donzelli, con cui divide l’abitazione, informazioni coperte da segreto ma Donzelli il giorno dopo le aveva rivelate in Parlamento. In questo caso la vicenda sembrava conclusa con la richiesta di archiviazione da parte della Procura di Roma ma il Gip ha disposto l’imputazione coatta, cioè la celebrazione del processo penale.
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Invero, molto raramente il Gip ricorre a questo istituto giuridico. Per questo Giorgia Meloni, diversamente dal caso Santanchè, ha drizzato le antenne ed ha reagito in maniera molto decisa contro la Magistratura.
Poi, quando tutto sembrava finito, è arrivato il terzo ordigno e cioè la vicenda del figlio di Ignazio La Russa, Leonardo Apache, accusato di violenza sessuale in una vicenda che ricorda quella del figlio di Beppe Grillo, Ciro. Il combinato disposto delle tre iniziative giudiziarie ha fatto pensare alla Meloni che ci fosse un attacco in atto.
E così è uscita, in maniera del tutto inusuale, una nota attribuita a non meglio identificate “fonti di Palazzo Chigi”, che recita: «È lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione. E abbia deciso così di inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee». Quello che colpisce è la mancanza del nome e soprattutto che si tratti di una delle più alte fonti istituzionali mentre ci si aspettava dalla Meloni una replica solo a livello politico.
Invece così si apre un conflitto tra Poteri dello Stato che non promette nulla di buono ed è proprio quello che il premier non voleva, per non ricadere nei conflitti di Berlusconi che lo hanno visto impegnato per decenni e che –in un certo senso-continuano tuttora dopo la sua scomparsa. Oltretutto Fratelli d’Italia è sempre stata percepita come una forza politica assai prossima alla Magistratura. Non per niente la Meloni ripete spesso che lei ha iniziato a fare politica proprio grazie alle figure dei giudici Falcone e Borsellino e al loro impegno.
La Meloni ha quindi dissotterrato l’ascia di guerra ed ha attaccato ulteriormente: "Chi spera di poter mettere in discussione il governo sarà deluso. Io non posso impedire che cerchino di farci cadere, ma il tentativo non arriverà in porto. Andremo avanti con le riforme perché le ritengo necessarie per il bene del Paese, a cominciare da quella della giustizia".
E qui, ha fatto riferimento al tema della Giustizia, o meglio alla sua riforma che in pratica si sintetizza nella separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante e una ulteriore stretta sulle intercettazioni. Tommaso Foti, Capogruppo di FdI alla Camera ha dichiarato: "Nessuno vuole aprire una guerra tra politica e magistratura, certamente non noi”.
Ma si tratta più che altro di una dichiarazione tattica dovuta. Sembra proprio che invece il conflitto si sia aperto, nonostante gli sforzi della Meloni. Ora la situazione sarà molto difficile da gestire perché comunque non conviene al centro – destra una guerra totale stile Berlusconi, ma neppure può stare con le mani in mano a guardare quello che accade.
La Meloni è politica accorta e, al di là delle sempre sconsigliabili uscite troppo umorali, potrà gestire al meglio la situazione spezzettando la “guerra” in piccole battaglie tattiche fatte di bastone e carota, sul modello di come ha trattato efficacemente l’UE, che gli era inizialmente molto ostile. Insomma, potremmo dire, che ci si avvia ad una trattativa “Esecutivo – Magistratura” in cui il ruolo del Presidente Sergio Mattarella sarà da adesso in avanti fondamentale per gli equilibri tra i Poteri dello Stato.