Riforme, il no pregiudiziale del Pd? Far cadere Meloni con il referendum

Schlein nemmeno entra nel merito del dibattito sulle riforme per un mero calcolo politico

Di Alberto Maggi
Elly Schlein
Politica

Riforme, Obiettivo del Pd? Far cadere Meloni nel 2025 come accadde a Renzi nel 2016


Abile a astuta la mossa di Giorgia Meloni di aprire il tavolo delle riforme con gli incontri a Montecitorio. Prima di tutto ricompatta la maggioranza perché accanto a sé ha voluto i due vicepremier, Matteo Salvini, capo della Lega, e Antonio Tajani, numero due di Forza Italia. La proposta è quella di dare potere di decisione ai cittadini e lasciare che sia il popolo a scegliere chi governa, come accade nelle principali democrazie mondiali.

E la proposta tra l'altro non è affatto blindata, anzi è open, aperta sia al presidenzialismo (o semipresidenzialismo) sia al premierato. Ma mentre Azione e Italia Viva (ex Terzo Polo) entrano nel merito e dicono sì all'elezione del presidente del Consiglio e non del presidente della Repubblica, dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle arriva un incomprensibile no pregiudiziale. No e basta, solo perché è la destra che propone le riforme istituzionali.

Ma forse al Nazareno dimenticano, come ha spiegato ieri il ministro Roberto Calderoli ad Affaritaliani.it, che gli italiani hanno votato e scelto il Centrodestra con un programma che prevedeva anche le riforme costituzionali. E Meloni sta agendo di conseguenza e in modo del tutto coerente. Quello del Pd, il no pregiudiziale, in realtà è un mero calcolo politico. L'obiettivo (forse sarebbe meglio dire il sogno) di Elly Schlein è sconfiggere Meloni nel 2025 al referendum confermativo che sarà scontato non raggiungendo i due terzi della maggioranza parlamentare (servono circa due anni per il doppio passaggio parlamentare).

In sostanza Schlein sogna di far cadere Meloni due anni prima come accadde con Matteo Renzi alla fine del 2016 quando la sua riforma costituzionale fu sonoramente bocciata dagli italiani. Quindi quello del Pd è solo un calcolo politico, nemmeno entra nel merito. Peccato che lo stesso Pd sia quello, anche se c'era Enrico Letta segretario, che festeggiava la vittoria di Emmanuel Macron su Marine Le Pen al ballottaggio alle Presidenziali francesi. Ma prevalgono le tattiche e i sogni di abbattere il governo due anni prima della fine della legislatura.

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