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Lo sguardo libero
La poesia del Nobel Louise Glück di scena online

Di scena online la poesia del Nobel Louise Glück. L’opera della poetessa americana sarà analizzata e dibattuta in un incontro in cui dialogheranno Maria Borio, poeta, ricercatrice, curatrice della sezione poesia della rivista “Nuovi Argomenti” e Andrea Gentile, scrittore e direttore editoriale de “Il Saggiatore”, con cui abbiamo realizzato questa intervista.

L’evento, a partecipazione gratuita e intitolato “La voce del mito. Sulla poesia di Louise Glück”, si terrà mercoledì 16 dicembre 2020 alle ore 18:00 in diretta sulla pagina Facebook: https://www.facebook.com/umbrocultura. Si tratta dell’ultimo appuntamento del ciclo “Futura. Percorsi di Poesia contemporanea” organizzato da Spazio Humanities APS di Perugia. Louise Glück, insignita del Nobel nel 2020 “per la sua inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende universale l’esistenza individuale”, non era stata notata da molti in Italia: "Averno" è stato l’unico suo libro pubblicato da una casa editrice italiana - Libreria Dante & Descartes e Editorial Parénope a cura di Massimo Bacigalupo; la rivista "Nuovi Argomenti" nel numero 75 pubblicava una versione inedita di traduzioni a cura di Damiano Abeni. Ora Il Saggiatore, che ha acquisito i diritti editoriali, pubblica i suoi libri. Appena usciti "Averno" e "L'iris selvatico" nella traduzione di Massimo Bacigalupo.

Il Saggiatore ha acquisito i diritti per l’Italia dell’opera di Louise Glück, vincitrice del premio Nobel 2020 per la Letteratura. Sono appena uscite le raccolte “Averno” e “L’iris selvatico” nella traduzione di Massimo Bacigalupo. Andrea Gentile, come descriverebbe la poetica di Glück e la sua prospettiva internazionale?

AG: Louise Glück, nei suoi libri, tenta un lavoro di messa a nudo. Qualche volta lo stile può essere una coperta, qualcosa con cui coprirsi e non mostrare la propria identità. Mi pare che questa poesia sia il contrario: un lavoro di svestizione continua. La lingua si fa mezzo per toccare il reale, e quindi per toccare uno dei motori principali del reale: il dolore. È una poesia diretta, un corpo a corpo: “Alla fine del mio soffrire / c’era una porta” scrive. Non si può che andare in quella direzione, per lei: indagare la morte e farlo senza orpelli. Cercare di usare meno strumenti possibili. E’, in questo senso, anche una poesia che tende al silenzio.

Parlare di poesia come parola che mette a nudo, senza orpelli, che tende al silenzio, è oggi una ragione forte e decisiva per un premio Nobel. Maria Borio, che cosa rappresenta la scelta di un poeta nel momento attuale della cultura globale?

MB: Ci sono troppi individui e poca attenzione autentica per l’essere umano nella cultura globale. In letteratura si parla di post-umanesimo, e capita di sentire la definizione post-poesia. Con post-umanesimo si intende la crisi del modello umanistico occidentale, quello antropocentrico, che viene dal Cogito cartesiano. E la post-poesia dovrebbe essere quella che rifiuta non solo il rapporto con il passato, ma anche la fiducia nella poesia come genere letterario con suoi valori? Vorrei interpretare il post-umanesimo come un superamento dell’antropocentrismo, e dell’individualismo: come un ripensamento dello spazio e dell’essere dell’umanità in senso relazionale. La poesia può essere una cruciale scelta di valore: un segno che, in un mondo di individualismi, l’espressione secondo me più empatica, e tecnicamente complessa della cultura umanistica letteraria possa alimentare la riflessione su quanto sia importante essere-in-relazione ed essere autentici: metterci a nudo, anche nel silenzio, appunto.

E per lei, Andrea, che cosa rappresenta la scelta di questo Nobel?

AG: Negli Stati Uniti, Louise Glück è una poetessa “istituzionale”, molto nota, che ha vinto il Pulitzer, il National Book Award, ed è stata anche poet laureate. Credo che queste siano caratteristiche che, tra le altre, influiscono molto.

Maria, qual è il contributo della poesia di Glück alla letteratura?

MB: Louise Glück è un’autrice che incarna molto bene alcune caratteristiche migliori della poesia anglosassone contemporanea: l’evoluzione della scrittura confessionale e di quello che generalmente si chiama eredità del modernismo, l’unione della biografia con elementi della cultura condivisa sia dalla storia presente sia dalla tradizione letteraria. Giustamente negli Stati Uniti è considerata una poetessa “istituzionale”. L’uso dei classici latini e greci che viene fatto nella poesia anglosassone è particolare, organico direi, non strettamente filologico: vale per Louise Glück come per l’inglese Alice Oswald e per la canadese Anne Carson. Mi interessa molto osservare come questi riferimenti prendano corpo come cose vive, parte di un’esperienza culturale contemporanea che si affida all’oggi come a un patrimonio letterario. Dal Sessantotto in poi la poesia è stata più che altro un’espressione in cui il senso della collettività, dell’altro, è venuto a indebolirsi. Ma molti ragazzi che hanno cantato le canzoni di Bob Dylan (vincitore, tra l’altro, del contestato premio Nobel 2018 per la letteratura) diventeranno gli uomini che vivranno nel neoliberalismo di fine Novecento. Mi domando se rielaborare l’esperienza e la tradizione letteraria in una poetica, come fa la Glück, senza i valori etici impostati e tradizionali, ma con un’integrità intellettuale e umana, non sia una buona ragione per un Nobel. L’integrità insieme il coraggio dell’autenticità (davvero il punto più delicato) possono essere una nuova sfida profondamente umanistica.

E in questa sfida le case editrici giocano un ruolo molto importante. Anche in rapporto alla pubblicazione di Glück, qual è il progetto editoriale del Saggiatore? 

AG: Il Saggiatore ha completamente ridefinito il proprio approccio negli ultimi anni e tra i tanti processi messi in atto c’è stato quello di costruire un’identità nuova e contemporanea. Molte le modalità. Tra queste abbiamo lavorato molto a fondo su un’intensa politica autoriale, che ci ha portato a costruire percorsi di sinergia di lunga durata con moltissimi autori sia italiani sia stranieri. Dopo oltre un quinquennio in cui il Saggiatore ha ridefinito la sua natura, siamo in una seconda fase del progetto e nel 2021 partiremo con una collana di “classici” letterari. Al tempo stesso, nell’ambito della poesia – dopo la pubblicazione di importanti autori del Novecento, da Vittorio Sereni a Franco Fortini a Yves Bonnefoy a molti altri – avevamo in progetto di aprire anche alla poesia contemporanea, e tra i primi nomi con cui partire c’era proprio Louise Glück. Il Nobel ha accelerato il processo di acquisizione di questa autrice, alla quale abbiamo presentato un progetto di lunga durata: non puntiamo solo sul Nobel – che sicuramente in questa prima fase aiuterà i processi – ma su una sinergia duratura che ci porterà a pubblicare 15 titoli di Glück, e a consolidare un lavoro continuativo, come fatto con Joan Didion, Geoff Dyer, Witold Gombrowicz, John Berger, e molti altri.

 

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