Home

Ultimo aggiornamento: 10:32

Chi pagherà la prevenzione?

Perché la longevità e la sostenibilità del sistema sanitario dipendono da un nuovo modello economico condiviso tra pubblico, assicurazioni e imprese

di Paolo Meciani

Chi pagherà la prevenzione?

In un Paese che destina solo il 7% della spesa sanitaria alla prevenzione — in linea con la media europea del 6% e lontano dal 10,3% dell’Austria — la sostenibilità non è più un obiettivo: è una questione industriale. Percentuali oltretutto “gonfiate” dall’emergenza pandemica, quando la media UE era appena del 3,5%.

Viviamo però in un sistema che eccelle nella cura ma trascura la prevenzione. Interveniamo quando il danno è già avvenuto. Paghiamo per riparare, non per evitare. Eppure la promessa della longevità, tanto evocata da medici, assicuratori e media, si regge su un presupposto semplice: non esiste longevità senza prevenzione. Il problema non è tecnologico né medico. È economico. Tutti riconoscono il valore della prevenzione, ma nessuno ha ancora trovato un modello che la renda sostenibile. In Italia vale miliardi, ma non ha un vero “proprietario industriale”.

Le compagnie assicurative hanno moltiplicato i check-up e gli screening, offrendo a milioni di persone la possibilità di controlli periodici. È un passo avanti, ma resta un modello episodico: si misura, ma non si accompagna. Manca una logica di continuità che unisca prevenzione primaria, diagnosi precoce e accesso tempestivo alle cure.

Le strutture sanitarie pubbliche custodiscono la parte più ampia dei dati clinici e godono di fiducia collettiva. Le compagnie assicurative e i player privati possiedono invece dati comportamentali, capacità predittive e modelli di rischio. Ma usano i dati con obiettivi diversi: nel pubblico sono un bene comune, nel privato un asset competitivo. Due culture del dato, due regimi di fiducia, due visioni da conciliare.

Come mostra il lavoro di Effy Vayena, Deputy Head dell’Institute of Translational Medicine dell’ETH Zurich, la sfida non è tecnologica ma valoriale. La chiave sta nel costruire partnership tra pubblico e privato basate su fiducia e trasparenza, come avviene in Svizzera con lo Swiss Personalized Health Network. Regole condivise sull’uso dei dati possono generare salute collettiva, non solo profitto.


Perché la prevenzione diventi una vera economia, bisogna renderla conveniente. Oggi prevenire non conviene a nessuno: né alle strutture sanitarie, remunerate per curare, né alle assicurazioni, che non possono contabilizzare un costo evitato. Serve un sistema di incentivi che premi l’impatto reale sulla salute, non il volume delle prestazioni.

Solo integrando le competenze cliniche del pubblico con la capacità predittiva del privato si può passare dai check-up isolati a percorsi di salute personalizzati e continui. È qui che nasce il vero ritorno economico, come mostrano OMS e OECD. La prevenzione non è un costo, ma un’infrastruttura del futuro. Chi saprà investirci per primo, ne definirà le regole — e, di fatto, il modello di sanità sostenibile del prossimo decennio.

Paolo Meciani – CEO, BIME Consulting