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Cronache
Agnelli, Scalfari lo definì “l’Avvocato di panna montata”. Oggi Repubblica...

L’agiografia è la propensione  a esaltare una personalità, o un fatto storico, tessendovi attorno miti e leggende. Un esempio ? Le tre pagine interne e l’articolo, in prima, che “La Repubblica” ha dedicato, ieri, al “re senza corona“, Gianni Agnelli, che nacque il 12 marzo di 100 anni fa. Sono certo che il fondatore del quotidiano, Eugenio Scalfari, 96 anni, che ha vergato un articolo sul viaggio del Papa in Iraq, avrebbe scritto un ricordo, non solo ossequioso, dell’Avvocato, come quello firmato da Ezio Mauro.

Del resto, i meno giovani ricordano che fu proprio Scalfari, in un articolo pubblicato sull’Espresso, il 28 luglio 1974, a ribattezzare Agnelli, fin dal titolo, “l’Avvocato di panna montata”. Il padrone della Fiat aveva, qualche giorno prima, deciso di vendere alla Rizzoli – dietro la quale s’intravvedeva l’ombra, inquietante, di Eugenio Cefis, il potente presidente di della Montedison – la quota del Corriere della Sera, detenuta dalla Fiat. Tempi lontani, quelli raccontati e criticati in  “Razza padrona - Storia della borghesia di stato”, un saggio di attualità, scritto da Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani (1941-2021) pubblicato da Feltrinelli nel 1974.

Scalfari ha un ruolo molto defilato e osserva, con distacco, quanto avviene nel giornale, che fondò nel 1976, sfidando gli Agnelli, oggi padroni de ”La Repubblica”. E non disse proprio nulla, don Eugenio, sul brutale licenziamento, lo scorso anno, di Carlo Verdelli, un giornalista milanese, libero e con la schiena dritta, sostituito da Molinari, ex direttore de “La Stampa”. Egli ha assommato il ruolo di direttore del giornale e di direttore editoriale di tutto il gruppo Gedi, con un accentramento di potere assoluto, che può interpretare il cambio di linea, diversa da quella rappresentata dalla storia di Repubblica.

Una linea condizionata dal gruppo Agnelli, che fa pesare le sue notevoli armi di persuasione, rispetto agli assetti politico-istituzionali, presenti e futuri, manifestando la sua essenza di editore molto impuro. Una svolta, che rischia di stravolgere la storia del giornale. Che, fino alla breve direzione Verdelli, si era mantenuto dentro un alveo liberal-socialdemocratico.

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