Cronache
Aldrovandi: "Forze dell’ordine? Mancano strumenti e formazione necessaria"

Reati violenti intrafamiliari/Dopo l'allarme lanciato da affaritaliani.it a Ore 14 (Rai 2)
Intervento per Affaritaliani.it di Elisabetta Aldrovandi, Presidente Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime

Ha fatto gran rumore tra gli addetti ai lavori (e anche ai livori) il mio doppio intervento su Rai due di lunedì 2 e martedi 3 maggio, ospite della trasmissione "Ore 14", a commento dei sempre più frequenti e sempre più cruenti e sanguinosi episodi di violenza tra familiari che sfociano in atti efferati e sempre più spesso devastanti.
Perrino a Ore 14: "Sostengo le Forze dell'Ordine: diamo loro i mezzi idonei" |
Nel mio allarme su queste nuove forme di reato figlie di un disagio mentale sempre più diffuso all'interno di una società sempre più "selvaggia", avevo posto l'accento, con un appello rivolto ai decisori pubblici, sulla necessità, contro queste nuove e poco conosciute forme di violenza, di aggiornare la preparazione teorica e la strumentazione operativa degli addetti al controllo e alla sicurezza sul territorio, onde poter intervenire con una maggiore tempestività ed efficacia per cogliere questi fenomeni sul nascere impedendone così, con interventi competenti e appropriati, le degenerazioni più drammatiche ed eclatanti.
Condividendo l'allarme ci ha scritto l'avvocato Elisabetta Aldovrandi, specializzata in diritto di famiglia, cause per responsabilità medica, successioni e contrattualistica.
- Presidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, associazione con cui partecipa in audizione in Commissione Giustizia alla Camera e al Senato su disegni di legge come la riforma del rito abbreviato, della legittima difesa, l’introduzione del “codice rosso” e del “revenge porn”, l’inserimento al lavoro per le donne vittime di violenza, l’affidamento dei figli minori nelle separazioni e divorzi, ecc…
- Docente di Criminologia e Vittimologia presso Limec SSML di Milano (facoltà universitaria triennale).
- Garante per la tutela delle vittime di reato per la regione Lombardia (unica garante vittime in Italia), ruolo parificato al Garante per i diritti dei detenuti, svolto però in favore delle vittime di reati come stalking, omicidio, violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia, usura.
Pubblichiamo volentieri il suo intervento, invitando chiunque voglia seriamente e costruttivamente associarsi pubblicamente e senza remore a questa urgente battaglia civile di consapevolezza e verità, a scriverci a direzione@affaritaliani.it
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ALDROVANDI (OSSERVATORIO VITTIME): “CODICE ROSSO A COSTO ZERO. SERVONO RISORSE PER LE FORZE DELL’ORDINE”
Di Avvocato Elisabetta Aldrovandi
Presidente Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime
Da anni mi batto per le vittime di reati violenti. Nel corso del tempo ho conosciuto familiari di donne uccise, altre sopravvissute a stupri, così come uomini gravemente sfregiati con l’acido da ex fidanzate che non accettavano la rottura della relazione.
Quando si parla di vittime si parla di un mondo spesso conosciuto superficialmente, attraverso le notizie lette sui giornali o ascoltate in televisione.
Le vittime non sono tutte uguali. Ognuna di loro affronta in modo diverso, anche a seconda del proprio passato e dell’ambiente familiare, il trauma e le conseguenze del reato subìto. Ed è proprio il guscio protettivo dato dal lavoro e dagli affetti che le aiuta a superare la sofferenza fisica e psicologica derivante da una violenza.
Ma cosa accade quando quella violenza proviene dalla persona con cui si condivide la vita? Quando i maltrattamenti fisici e psicologici hanno la faccia e le mani del compagno, della moglie o di un fratello? Innanzitutto, chi subisce questo genere di reati fa più fatica a identificarsi come vittima. Uno spintone, una sberla, la quotidiana denigrazione da parte del partner non viene vissuta come violenza ma come gelosia, possessività, espressione di troppo amore, ci si racconta per giustificare le prevaricazioni. E così, di menzogna in menzogna, molte persone vivono anni di calvari, fatti di botte e soprusi, prima di rendersi conto che sono “vittime”, che la persona con cui dovrebbero condividere un percorso di vita e costruire un futuro sta distruggendo la loro autostima, sbriciolando i loro sogni e incatenando le loro passioni.
Solo in quel momento sopraggiunge la presa di coscienza che si sta subendo un’ingiustizia, e che chi usa la violenza per avere ragione ha sempre torto, sia che si tratti di un uso lucido e pianificato, sia di un uso derivante da patologie di natura psichiatrica, più o meno diagnosticate.
Il primo passo, spesso, è rivolgersi alle forze dell’ordine. In molte grandi città esistono sezioni specializzate per raccogliere le denunce di questo genere di reati che, a differenza di molti altri, come una rapina o una truffa, hanno un denominatore comune che li rende unici: i sentimenti, seppure tossici e avvelenati, che infettano il rapporto tra la vittima e il suo carnefice, rendendo quella vittima a volte insicura, reticente, spaventata, e il carnefice spavaldo e borioso, certo del dominio assoluto su ciò che considera “cosa sua”. Per questo, sono denunce difficili. Perché difficile è tradurre in un atto destinato al magistrato lo stato d’animo della vittima, capire se ciò che sta raccontando è reale e veritiero e quanto la sua incolumità sia in pericolo. Eppure, si chiede alle forze dell’ordine la perfezione. Ossia, di essere tutto e sapere tutto. Cosa, umanamente impossibile. Tanto che, pur ricorrendo al massimo impegno, può succedere che manchino gli strumenti e la formazione necessaria a cogliere le sfumature di una condotta denunciata e riportarla su quel foglio di carta che arriverà al pubblico ministero.
Questo non significa denigrare il lavoro e la professionalità di chi, ogni giorno, rischia la vita per la nostra sicurezza, ripagato da stipendi inadeguati e da assenza dei giusti riconoscimenti. Ma significa sottolineare la necessità che siano investite risorse, affinché non sia demandato alla sensibilità del singolo agente comprendere o meno una situazione di grave conflitto familiare che potrebbe sfociare nel più irreparabile dei delitti. Servono corsi di formazione specifici a livello nazionale e un protocollo obbligatorio in tutti i Comandi e le Questure, che permetta di verificare se quella vittima è in una situazione di concreto pericolo per la sua incolumità. E serve un aumento di risorse anche umane, poiché da quando è entrato in vigore il “codice rosso”, ad agosto 2019, si sono moltiplicate le denunce per atti persecutòri, maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale, senza che vi sia stato un corrispondente aumento di personale tra le forze dell’ordine e in àmbito giudiziario.
Così come si dovrebbe prevedere l’avvocato d’ufficio per le vittime di reati particolarmente gravi, in modo che la vittima si senta assistita e tutelata, anche legalmente, fin dai primi passi per ottenere protezione e tutela.
Le forze dell’ordine fanno spesso miracoli, per le condizioni in cui operano e per la carenza di strumenti che da anni caratterizza i loro comparti. E hanno il diritto di essere adeguatamente formati per svolgere al meglio i loro còmpiti sempre più difficili e complicati, anche in relazione alla complessità dei rapporti umani, da cui scaturiscono, troppo spesso, episodi di violenza irreparabile.
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