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Dà del "Cetto la Qualunque" al sindaco: per la Cassazione non è diffamazione ma satira politica
Il caso arriva dall'Abruzzo, dove un cittadino era stato portato in tribunale per aver associato al sindaco il celebre personaggio del politico corrotto creato da Antonio Albanese

"Cetto La Qualunque" non è un insulto, anche quando ci si rivolge a un sindaco: lo dice la sentenza della Corte di Cassazione
Spesso il limite tra satira politica e insulto è molto labile ma dall'Abruzzo arriva una sentenza che potrebbe fare giurisprudenza. La Quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito che dare a un sindaco del "Cetto La Qualunque", in riferimento al celebre personaggio del comico Antonio Albanese, rientra nell'ambito del diritto di critica. Ciò vale anche quando il linguaggio ha un tono irriverente. Nessun insulto quindi, per i giudici il richiamo a un personaggio "notoriamente inesistente" è satira.
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La sentenza arriva al termine del processo nei confronti di un cittadino abruzzese che era stato accusato di diffamazione per aver appunto paragaonato il proprio sindaco a "Cetto La Qualunque". L'uomo era stato condannato nel precedente grado di giudizio ed è stato poi assolto dalla Cassazione. La Corte nella sua motivazione sottolinea che un amministratore locale "ha certamente diritto a che la sua reputazione sia protetta" ma tale diritto non prevale sulla liberta di espressione, soprattutto se il tema è la politica.
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Utilizzare l'espressione "Cetto La Qualunque", che per tutti è il simbolo della politica corrotta e inefficiente, si configura come una rappresentazione satirica e caricaturale e "non appare un immotivato attacco denigratorio".
