Pif e Buttafuoco non sparino sull'autonomia siciliana - Affaritaliani.it

Cronache

Pif e Buttafuoco non sparino sull'autonomia siciliana


Di Pietro Mancini
 

"Vittorini se n’è ghiuto, e soli ci ha lasciato!". Questo era il titolo, sprezzante (non a caso si usava una frase meridionale), del corsivo di Roderigo di Castiglia, cioè di Palmiro Togliatti, apparso su "Rinascita" per polemizzare con Elio Vittorini, lo scrittore siciliano uscito, nel 1951, dal Pci. Nessuna nostalgia per l'epoca della opprimente supervisione del Migliore ( di cui ricorre, il 21 agosto, il 51simo anniversario della morte ) sulla cultura e sugli intellettuali.
Ma, da parte nostra, la sottolineatura, all'insegna di un'espressione milanese ( Ofelè fa el to mestè ! Pasticciere, fai il tuo lavoro !), dell'eccessiva tendenza di artisti et "maîtres à penser" ad auto-assegnarsi compiti e, talvolta, missioni di salvatori delle città, delle regioni e del Paese.
Dopo Adriano Celentano, partito lancia in resta contro il nuovo Sindaco di Venezia, e Roberto Saviano, che ha "scomunicato" il Governatore della Campania, De Luca, ieri, Pif, nome d'arte del regista Pier Francesco Diliberto, ha "abrogato", concordando con Pietrangelo Buttafuoco, l'autonomia della Regione Siciliana.
Se non si trattasse di una questione molto seria, parafrasando il titolo del suo film, "La mafia uccide solo d'estate", potremmo, ironicamente, rilevare che il caldo, soprattutto nella stagione estiva, ottenebra molte, pur ingegnose, menti.
In realtà, l'autonomia, con lo Statuto della Regione, approvato nel 1946,  fu una grande conquista, storica, per la crescita della nostra democrazia,  per almeno due ragioni.
La prima consiste nel fatto che essa rese il potere legislativo e quello amministrativo più vicini ai cittadini e, perciò, più sensibili nei confronti delle loro esigenze.
Le leggi e gli atti amministrativi dovrebbero  soddisfare i loro bisogni, meglio e più rapidamente, di quanto può avvenire in uno Stato accentrato.
La seconda consiste nell’abitudine al confronto democratico, che l’autonomia  dovrebbe creare nei cittadini.
Questi ultimi non devono aspettare che uno Stato lontano soddisfi le loro domande, ma possono partecipare, attivamente, alla vita pubblica.

Ma l’autonomia richiede pure, e soprattutto gli intellettuali non dovrebbero dimenticarlo, cittadini responsabili, che si comportino, quando votano ed anche dopo, in modo da richiedere alla Regione non tanto benefici particolari per loro, quanto una politica e dei programmi, diretti a curare il bene comune, l’interesse generale di tutti i siciliani.

Sarebbe molto utile che tutti i cittadini siciliani, in primis i giovani, conoscano lo Statuto della Regione e ne comprendano il grande valore democratico.
Buttafuoco è, legittimamente, critico con l'attuale Governatore, Crocetta, che ritiene "figlio di una disgraziatissima stagione, che in altre parti d’Italia si è espressa con l’antipolitica, e che in Sicilia si è confermata nel gioco, da un lato cinico e dall’altro lato pittoresco, del colpo di fortuna, in cui è stato catapultato lì dalla ripicca del forzista Miccichè. Niente illuminata strategia politica, dietro di lui non c’è un popolo".
Ma lo scrittore catanese, e Pif, che ha rilanciato le sue tesi, non possono buttare, insieme all'acqua sporca, anche il bambino, sollecitando i siciliani ad abolire l'autonomia, politica e legislativa, dell'Isola.
Sono davvero sicuri che tutte le colpe vadano attribuiti ai politici siciliani, accusati da Pif di aver "dimostrato che, come con la mafia- che esisterà fin quando i siciliani lo vorranno- hanno sguazzato nel sistema corrotto e corruttibili" ?
E le responsabilità, politiche e storiche, dei governi nazionali e dei rappresentanti dei "poteri forti" vengono oscurate.
L'obiettivo, caro Pif, non può essere solo quello, modesto, di far sì che un deputato siciliano guadagni di meno rispetto al collega di Montecitorio. Bensì la scelta di politici più competenti e più onesti, che non utilizzino l'autonomia dell'Isola per arraffare, a Roma e a Bruxelles,  un oceano di finanziamenti, mal gestiti, senza risolvere i tanti problemi siciliani, di cui non può essere indicato, come l'unico colpevole, don Rosario Crocetta.
Dice Buttafuoco : "Decidano i siciliani: vogliamo essere uguali agli altri o indipendenti? Ma mai più “speciali”. Roma non ti ascolta, l’Europa manco sa che esisti. Solo gli scafisti conoscono l’esistenza della Sicilia, che gli viene comoda come approdo".

Chi, della sua terra, aveva capito,  perfettamente, tutto, già a metà anni ’60 del secolo passato, fu lo scrittore Leonardo Sciascia che, con straordinaria lucidità, mise a nudo non soltanto mafia e cultura mafiosa, ma anche i legami tra la mafia siciliana e il Nord -Italia, allora ricco e prospero. Sciascia fu il primo a scrivere - in un volume straordinario dal titolo: “La palma va al Nord” - che la vera mafia, tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70, si andava radicando  nel Nord-Italia.

Questa premonizione gli costerà carissima. Perché avrà contro personaggi che, di quel sistema - magari indirettamente - comunque beneficiavano. Scontro che diventerà sempre più duro negli anni ’80.

E, proprio il 6 gennaio del 1980, fu ucciso, dai picciotti, un palermitano acuto, che i boss odiavano, proprio perché avevano capito che egli era portatore di quanto, allora come oggi, mancava alla Sicilia : un progetto per l'Isola, culturale prima che politico, che avrebbe creato seri problemi all' "Onorata società" proprio nella fase in cui la mafia si stava affermando negli Stati Uniti, con la cosiddetta "Pizza connection".

Quel politico si chiamava Piersanti Mattarella, fratello di Sergio, asceso al Quirinale, grazie alla benedizione di Matteo Renzi, leader del PD, dove sono confluiti gli ex dc e gli ex comunisti, compagni di Pio La Torre, ucciso nel 1982 dai killer di Cosa Nostra. I boss decisero di eliminarlo in quanto avevano ben compreso  la pericolosità del segretario regionale del Pci, a differenza di alcuni suoi compagni che, per sminuirne l'impegno, ripetevano : "Pio ha la fissa della mafia...".