Crocerossina abusata, capo assolto perchè lei "non urlava". Processo da rifare
Dopo dieci anni dalla triste vicenda, la domanda della Procura è stata accolta dalla Cassazione. La vittima è stata ritenuta attendibile
Crocerossina abusata, capo assolto perchè lei "non urlava". Processo da rifare
Si riapre a sorpresa un caso giudiziario risalente a dieci anni fa che fece molto discutere. Una vicenda complessa, che a lungo è stata al centro di polemiche e discussioni. Gli episodi in contestazione - si legge sul Corriere della Sera - risalgono ai mesi a cavallo tra il 2010 e il 2011. All’epoca l’imputato, che aveva 41 anni, era coordinatore dei volontari della Croce Rossa: un incarico puramente simbolico, ma che lo poneva in una posizione gerarchicamente superiore rispetto agli operatori. In questo contesto, secondo l’accusa, si sarebbero consumati gli episodi di violenza sessuale nei confronti di una volontaria di 32 anni. La donna (assistita dall’avvocato Virginia Iorio) avrebbe subito gli abusi del coordinatore e in aula, durante il dibattimento di primo grado, aveva sostenuto che lui l’aveva obbligata «come pegno per poter continuare a lavorare» ed evitare turni in posti meno spiacevoli rispetto agli ospedali, come ad esempio il «Centro identificazione ed espulsione» degli immigrati.
"Non grida, non urla, non piange. Risponde alle chiamate di servizio mentre lui la aggredisce, senza insospettire, anche solo involontariamente, il centralinista". Era l’aprile del 2017 - prosegue il Corriere - quando il Tribunale di Torino descrisse con queste parole l’inattendibilità di una giovane volontaria della Croce Rossa, assolvendo il suo superiore dall’accusa di violenza sessuale. In appello, però, i giudici hanno riscritto la vicenda. La volontaria è stata nuovamente ascoltata. E per l’ennesima volta ha ripetuto ogni dettaglio di quei mesi e la Corte l’ha ritenuta pienamente credibile. Il sostituto procuratore generale ha presentato ricorso in Cassazione, sottolineando il rapporto «gerarchico» tra il coordinatore e la vittima: elemento che rende il reato di violenza sessuale perseguibile d’ufficio. Accolto il ricorso e ordinato un nuovo processo d’appello di fronte a una nuova Corte.
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