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Cucchi, appello depistaggi: confermata la condanna al colonnello Sabatino. Prescrizione per il generale Casarsa
Assolti invece Massimiliano Colombo Labriola e Tiziano Testarmata, che erano stati condannati in primo grado a un anno e nove mesi

Cucchi, Appello depistaggi: prescrizione per generale Casarsa. Confermata condanna Sabatino
Confermata in Appello la condanna a un anno e tre mesi per Lorenzo Sabatino nel processo sui depistaggi seguiti al pestaggio e alla morte di Stefano Cucchi, il 31enne romano, arrestato il 15 ottobre del 2009 e deceduto sette giorni dopo all'ospedale Sandro Pertini.
I giudici della Corte di Appello di Roma con la sentenza emessa hanno anche confermato la condanna a due anni e mezzo per un altro carabiniere, Luca De Cianni, e riconosciuto l’intervenuta prescrizione per il generale Alessandro Casarsa, Francesco Cavallo e Luciano Soligo.
Assolti invece Massimiliano Colombo Labriola e Tiziano Testarmata, che erano stati condannati in primo grado a un anno e nove mesi. Ridotta invece la pena a 10 mesi per Francesco Di Sano. Le accuse contestate, a vario titolo e a seconda delle posizioni, vanno dal falso, al favoreggiamento, all’omessa denuncia e calunnia.
Nel processo di Appello la procura generale aveva chiesto l’assoluzione per tre carabinieri, Lorenzo Sabatino, Francesco Di Sano e Tiziano Testarmata “perché il fatto non costituisce reato”, di dichiarare la prescrizione per altri tre, il generale Alessandro Casarsa, Francesco Cavallo e Luciano Soligo, e di confermare le condanne per Massimiliano Colombo Labriola e Luca De Cianni. In primo grado, nel procedimento nato dall’inchiesta del pm Giovanni Musarò, il 7 aprile 2022 erano stati condannati in primo grado tutti gli otto carabinieri imputati.
“L'ampia istruttoria dibattimentale ha permesso di ricostruire i fatti contestati e di accertare un'attività di sviamento posta in essere nell'immediatezza della morte di Stefano Cucchi, volta, ad allontanare i sospetti che ricadevano sui carabinieri per evitare le possibili ricadute sul vertice di comando del territorio capitolino”, aveva scritto il giudice monocratico Roberto Nespeca nelle motivazioni della sentenza di primo grado.