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Cronache
Post Covid, dall'ansia al lavoro precario: i giovani vedono il futuro nero

Covid e futuro, il report Censis che analizza l'orizzonte cupo per i giovani nel post pandemia 

I giovani vedono nero sul futuro: per quattro su dieci il mondo post pandemia sarà peggiore rispetto alla vita pre Covid. Più di sei giovani su dieci (62%) hanno cambiato la propria visione del futuro a seguito della pandemia.

Mentre solo per il 22% il futuro sarà migliore, mentre il 40% ritiene che sarà peggiore. Manca una promessa di miglioramento e benessere per le giovani generazioni e di fronte a un futuro ignoto prevalgono incertezza (49%) e ansia (30%), che in alcuni casi si trasformano in paura (15%) e pessimismo (13%) soprattutto dinanzi a eventi le cui dimensioni e conseguenze vanno oltre la capacità di previsione e di intervento dei singoli.

È quanto emerge dal Rapporto realizzato dal Censis per il Consiglio Nazionale dei Giovani e l'Agenzia Nazionale per i Giovani dal titolo: "Generazione post pandemia: bisogni e aspettative dei giovani italiani nel post Covid".

Post pandemia e giovani, dai disturbi alimentari alla voglia di stare sempre di più in casa: i nuovi disagi sociali 

Secondo l'indagine, il 27% dei giovani dichiara che durante la pandemia la sua salute è peggiorata e la quasi totalità (97%) ha avuto almeno un piccolo malessere, tra mal di testa (69%), dolori articolari (57%) e problemi intestinali (42%). In aumento anche i disturbi del comportamento alimentare, quali l'anoressia e la bulimia: il 12% dei giovani tra i 18 e i 36 anni dichiara di soffrirne, in particolare il 13% delle donne e l'11 degli uomini, il 16% degli under 25 e il 10% di chi ha tra i 25 e i 36 anni.

Il 45% dei giovani dichiara, inoltre, che dopo la pandemia desidera trascorrere a casa più tempo possibile, con circa la metà degli under 35 (48%) che sviluppato una sorta di agorafobia. Il 47%, poi, dichiara di sentirsi fragile e il 32% si sente solo, quota che sale al 39% tra i giovanissimi. A soffrire di ansia e depressione, dopo il Covid, è ben 45% degli under 37enni (una percentuale che sale al 49% per gli under 25).

"I dati del Rapporto evidenziano chiaramente come la questione generazionale stia trascinando sulla pelle di troppe ragazze e troppi ragazzi le conseguenze di una crisi che ha creato forti squilibri economici, sociali e psicologici che non solo minano alla competitivita' del Paese ma rischiano di lasciare, ancora, indietro una generazione esausta", ha commentato Maria Cristina Pisani, confermata presidente del Cng per i prossimi tre anni.

Per Lucia Abbinante, direttrice generale dell'Agenzia Nazionale per i Giovani: "La sfiducia delle nuove generazioni, evidenziata nel Rapporto, è un dato che non si puo' piu' trascurare. Occorre ascoltare i giovani, coinvolgerli nei processi decisionali, favorire il loro attivismo".

Post pandemia, tra i giovani cresce la sfiducia per la classe politica 

Sul rapporto tra giovani e politica, dallo studio emerge che l'Italia è un Paese in cui comanda una gerarchia di adulti che faticano a lasciare i posti di potere: il 64% della popolazione pensa che ci siano troppi anziani ai vertici delle Istituzioni.

Si tratta di un'opinione che è trasversale alle diverse fasce di età, seppure sia maggiormente condivisa da giovanissimi (77% tra i 18-24enni) e giovani-adulti (71% tra quelli che hanno tra i 25 e i 36 anni), e che ha i maggiori sostenitori tra Generazione Z e Millennials che vivono nel Nord-est (82%), tra i laureati (77%) e gli studenti (83%).

Panemia e futuro, il 68% dei giovani intervistati vorrebbe vivere in una società più inclusiva 

Grande è la sfiducia nei confronti della politica: circa sette giovani su dieci (69%) non si sentono rappresentati, con quote che raggiungono il 75% tra quelli che risiedono nel Nord-est e il 77% tra i disoccupati. Il 23% degli under 35 (che sale al 24 % tra i giovani-adulti) pensa che la prossima volta non si rechera' alle urne a votare.

Infine, per circa otto italiani su dieci (77%) oggi è difficile per un giovane veder riconosciuti l'investimento e le energie spesi nel lavoro e nello studio, e per il 72% è finito il tempo in cui i figli stavano meglio dei genitori. Infine il 68% vorrebbe vivere in una società più inclusiva, mentre il 32% preferirebbe una società più meritocratica.

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