Cronache
Emergency, su Affari l'intervista al vicepresidente Alessandro Bertani




Emergency è conosciuta per i suoi progetti in zone di guerra, ma in realtà l'associazione compie quest'anno 10 anni di presenza in Italia. Un ambito meno noto, ma altrettanto importante per l'attività dell'associazione, che vede impegnate nel nostro paese più di 80 persone in oltre 10 progetti. Ne parliamo con Alessandro Bertani, vicepresidente dell'associazione.
DA QUANDO EMERGENCY LAVORA IN ITALIA?
Emergency è nata nel 1994 per fornire cure medico-chirurgiche gratuite e di qualità alle vittime di guerra, delle mine antiuomo e della povertà, sulla base della convinzione che il diritto alla salute sia un diritto inalienabile di ogni individuo. Ma è a partire dal 2006 che abbiamo iniziato a lavorare anche qui, nel nostro Paese.
IN ITALIA IL DIRITTO ALLA CURA E' GARANTITO DALLA COSTITUZIONE: C'È DAVVERO BISOGNO DI EMERGENCY NEL NOSTRO PAESE?
La scelta di intervenire in Italia sta nell'esigenza di contribuire a garantire anche nel nostro paese la corretta applicazione del diritto alla cura che, sebbene sia riconosciuto dalla Costituzione e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, nella pratica risulta spesso disatteso. Perché le cure non sono ugualmente accessibili a tutti, generando così una preoccupante discriminazione delle fasce più vulnerabili della popolazione, ovvero cittadini italiani indigenti e cittadini stranieri, con particolare riferimento a comunitari e migranti.
CHI SONO I VOSTRI PAZIENTI?
Quando ci chiedono "Chi curate?" la risposta è "Chiunque ne abbia bisogno, nessuno escluso". Quando qualcuno bussa alla porta non ci interessa da dove viene, in quale Dio crede, qual è il colore della sua pelle. Curiamo soprattutto migranti e cittadini stranieri, ma anche tanti italiani. In alcuni progetti, come il Poliambulatorio di Marghera, rappresentano il 20% dei nostri pazienti. La media nazionale è circa il 10 %. Si tratta soprattutto di disoccupati, pensionati con un assegno minimo e tante persone senza casa. Ricordo, ad esempio, Mario, un nostro paziente di Milano: fino al 2008 aveva un lavoro, una casa, una famiglia. Poi, la crisi finanziaria ha travolto la sua vita e trascinato via tutto. È rimasto solo lui, solo, in mezzo a una strada. Perché oggi, in Italia, perdere il lavoro significa non avere più i mezzi necessari a provvedere per se stessi e per la propria famiglia. Può significare la perdita della salute fisica e mentale e, conseguentemente, la caduta in una spirale da cui uscire è estremamente complicato. Da dieci anni, ogni giorno, i nostri medici incontrano persone come Mario che hanno bisogno di ripartire proprio dalla propria salute psicofisica.
QUALI SONO I VOSTRI RAPPORTI CON LE STRUTTURE PUBBLICHE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE?
Lavoriamo senza sovrapporci al Servizio sanitario nazionale ma, anzi, cercando di supportarlo e integrarlo. Il nostro approccio consiste nell'offrire medicina di base gratuita per tutti, un corretto orientamento ai servizi socio-sanitari esistenti sul territorio, programmi di educazione sanitaria e prevenzione in grado di influenzare i comportamenti collettivi. Questo lavoro è possibile grazie all'impiego di team multidisciplinari composti da medici, infermieri, mediatori culturali, psicologi. In particolare, in un Italia sempre più diversamente culturale, la figura del mediatore culturale diventa imprescindibile perché "ponte" di collegamento tra l'utente e il sistema sanitario, in grado di superare le barriere linguistico-culturali e di affiancare l'utente - italiano o straniero - nell'intricata giungla amministrativa.
DOVE STATE LAVORANDO IN QUESTO MOMENTO?
Nel 2006, abbiamo aperto il nostro primo poliambulatorio nella città di Palermo, in Sicilia una regione di estrema importanza geografica perché "ponte" all'interno del Mediterraneo. Subito dopo abbiamo sentito l'esigenza di allargare il nostro intervento. È così che abbiamo aperto i poliambulatori a Marghera (2010) e a Napoli (2015) e attivato vere e proprie cliniche mobili in contesti invisibili solo perché difficilmente accessibili, raggiungendo così i ghetti del bracciantato in Puglia, Calabria e Basilicata, le strade sterrate del casertano dove molte donne vengono sessualmente sfruttate - in alcuni casi, ricadono nella categoria di "vittime di tratta" - e le periferie di città come Milano e Bologna dove sono in aumento gli italiani indigenti. Attraverso le cliniche mobili abbiamo conosciuto a fondo la marginalità, fatta di italiani e stranieri che vivono una grave e persistente difficoltà di accesso alle cure. Dal 2015, siamo anche nei principali porti della Sicilia orientale per offrire assistenza medica e supporto psicologico ai migranti in arrivo dalla Libia via mare.
COME E' POSSIBILE SOSTENERE EMERGENCY?
I progetti di Emergency sono sostenuti per l'80% da donatori privati. Qualsiasi contributo è per noi importante per continuare a offrire cure gratuite e di qualità a chi ne ha più bisogno. Sul nostro sito www.emergency.it ci sono tutte le modalità per sostenere Emergency. tra i modi più semplici di sostenerci ci sono la donazione online su www.emergency.it oppure l'sms o la chiamata da rete fissa al n. 45565.