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Garlasco, la nuova pista: "Uno degli assassini è andato in bagno". E rispunta l'alibi informatico di Stasi
L'avvocato De Rensis: "Il lavandino era sporco, c'erano capelli. E un innocente è in galera da 10 anni"

Garlasco: Antonio De Rensis, Chiara Poggi, Alberto Stasi
Garlasco, i due nuovi indizi e il dettaglio sul "bagno sporco"
Il giallo di Garlasco continua e ormai è deciso: si andrà verso la proroga dell'incidente probatorio. La Procura, a distanza di 18 anni dal delitto costato la vita a Chiara Poggi, non vuole più trascurare nessun particolare. Per questo si analizzeranno tutte le nuove prove e tracce emerse nel corso di questa nuova inchiesta che vede come unico indagato Andrea Sempio, l'amico del fratello della vittima. Intanto nel corso della trasmissione Quarta Repubblica, andata in onda ieri sera su Rete 4, sono emersi nuovi elementi inediti. Non si parla più solo di Dna sul pollice di Chiara da identificare e generiche tracce femminili (non della vittima) sulla scena.
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Ma l'avvocato di Stasi, Antonio De Rensis, tira fuori due nuovi indizi. "Il primo - spiega il legale di Stasi - è l’alibi informatico, è stato accertato che Stasi nel cuore della mattinata ha lavorato alla tesi. Non solo non ha detto una bugia, ma nelle ore centrali della mattina era impegnato a casa sua in un lavoro intellettualmente significativo, e lo ha fatto con sostanziale continuità, mettendoci la mano e il cervello. Il secondo è che sicuramente l’assassino o uno degli assassini è entrato in bagno. Abbiamo l’impronta insanguinata sul tappetino davanti allo specchio. Abbiamo anche l’impronta di Stasi sul dispenser, ma mancava il suo sangue nel sifone e sul dispenser stesso".
"Ma quel lavandino - prosegue De Rensis - era fisiologicamente sporco, addirittura vi erano dei capelli, quindi non era stato lavato molto bene. È ragionevole ipotizzare che l’assassino sia entrato in bagno, ma magari si sia solo specchiato e abbia preso i teli, e quindi non è irragionevole pensare che quell’impronta di Stasi possa essere stata lasciata la sera prima, quando ha mangiato la pizza con Chiara e prima di lavorare alla tesi si è lavato banalmente le mani".
"Il ragionevole dubbio non è un espediente grazie al quale l’imputato la fa franca nonostante sia colpevole, è una garanzia vera, nel caso di concreta incertezza multidirezionale non si deve correre il rischio di mettere in galera un innocente, meglio avere un colpevole fuori. Stasi - conclude il legale - è in galera da 10 anni, ma dove ha preso l’arma?". Tutte cose ancora da chiarire, a 18 anni dal delitto.