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Cronache
Giallo valige, tribunale del riesame conferma il carcere per 36enne albanese
Questura Polizia di Stato

Elona Kalesha, resta in carcere. La difesa della 36enne albanese indagata per il caso conosciuto come "giallo delle valige" incassa un no secco dal Tribunale del Riesame di Firenze.
Nonostante le argomentazioni, gli avvocati Federico Febbo e Antonio D'Orzi non hanno probabilmente convinto i giudici, che invece hanno ritenuto valide le motivazioni per cui la donna è reclusa dal 24 dicembre scorso con l’accusa di omicidio, occultamento e vilipendio dei cadaveri di Shpetim e Teuta Pasho
A un mese dal ritrovamento della prima valigia con all’interno resti umani l’inchiesta procede silenziosa sottotraccia.


Ma tante sono le domande a cui devono dare risposta gli investigatori. A partire dalla stessa Kalesha, la cui linea è stata da subito quella di non rendere nessuna dichiarazione agli inquirenti che indagano sul caso. E il suo passato potrebbe invece rappresentare una chiave di lettura per aprire un varco nell’inchiesta sul duplice omicidio. Non foss’altro perché la donna fino a qualche anno fa conviveva con Taulant Pasho, il figlio di Shpetim e Teuta, i coniugi albanesi uccisi, fatti a pezzi e occultati nei quattro trolley ritrovati tra il 10 e il 16 dicembre scorso in un campo alla periferia estrema di Firenze. 


L’indagine coordinata dal pm, Ornella Galeotti, della Procura della Repubblica di Firenze, non conosce soste. Nel mirino degli investigatori ci sarebbero dei ‘complici’ anche perché – viene spiegato – sarebbe difficile credere che una sola persona possa aver compiuto materialmente un così efferato duplice omicidio. Quindi si ipotizza la connivenza di altre persone.
Ma non solo. Tra i tanti interrogativi su cui stanno lavorando gli investigatori oltre che al luogo dove è avvenuto il delitto, anche il mistero delle valige


Quei 4 trolley che al momento del ritrovamento contenevano parti di corpi smembrati e in stato di saponificazione. E tra le tante tesi, prende sempre più corpo l’idea che i bagagli siano stati portati in quell’appezzamento di terreno alla periferia estrema di Firenze tempo dopo il delitto e non cinque anni fa, quando sparirono inspiegabilmente i coniugi Pasho.

Ma nel frattempo qual’è stato il deposito dei macabri bagagli? Per questo sono entrati in campo anche i Ris e le loro sofisticate attrezzature. Gli specialisti dell’Arma dei carabinieri si sono concentrati in un appartamento di via Fontana, per stabilire la natura e l’eventuale compatibilità delle tracce repertate con il duplice omicidio. E per verificare se questo locale sia stato una possibile scena del crimine o solo un temporaneo deposito dei bagagli. 


Magari non il solo. Gli esperti che lavorano sul ritrovamento di tracce 'impossibili' dovranno passare al setaccio anche un altro locale. Quel garage di via del Pantano 16, che era nella disponibilità di Elona Kalesha e Taulant Pasho in quanto di pertinenza dell’appartamento ai tempi della loro relazione, nel 2015.
Box che è entrato presto negli atti dell’inchiesta, non foss'altro perché negli anni la coppia era stata al centro delle proteste dei vicini per i cattivi odori che provenivano sia da questo locale che dall'appartamento.

 Ma chi a suo tempo fece i sopralluoghi nella palazzina rossa al confine fra Firenze e Scandicci rilevò solo una situazione di scarsissima igiene. I cattivi odori furono ‘classificati’ come derivanti dalle pessime cure riservate ai cani che i due detenevano e alle continue nuove cucciolate.
 Ventisette giorni dalla scoperta della prima valigia all’interno dell’appezzamento di terreno che corre lungo la superstrada Firenze-Pisa-Livorno sono dunque ancora molte le tessere del mosaico da mettere insieme.


 Gli investigatori, guidati dal tenente colonnello Carmine Rosciano dovranno fare luce anche su un altro tassello. Quel 'tesoretto' di circa 40mila euro che conservava, molto probabilmente, Pasho senior. Ma di chi erano quei soldi? Può essere questo il movente? Insomma, sono molte le piste ancora aperte. Non ultima quella che riguarda proprio il figlio della coppia. Taulant, 34 anni, latitante in Italia per reati in materia di stupefacenti e detenuto in un carcere della Svizzera nel Cantone di Argovia per il reato di furto con scasso e violazione di domicilio. Non ci sono accuse a suo carico, e la sua figura potrebbe essere stata anche al centro di una macchinazione sfruttando il suo turbolento passato. Ma gli investigatori lo vogliono interrogare E per questo sono in corso trattative con le autorità giudiziarie elvetiche per ascoltare presto l’uomo. Perché, anche se estraneo a tutta la vicenda, alcune sinistre coincidenze lo portano alla ribalta. Tra tutte la corrispondenza cronologica con una data: quella del 2 novembre del 2015. In questo giorno di cinque anni fa Taulant esce dal carcere fiorentino di Sollicciano e, nelle stesse ore, si perdono le tracce dei genitori. 

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