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Cronache
L’antimafia è donna e di destra. A Catia Silva il premio "Lea Garofalo"

Donne che fanno la differenza. Per la Cassazione l’Emilia è omertosa e collusa con la ‘Ndrangheta. Ma c’è chi si oppone nel silenzio delle istituzioni

Il sindaco comunista e il parroco cristiano che si prendono a schiaffi tutto il tempo ma alla fine si ritrovano uniti da una fratellanza umana più profonda nel proprio paesino, sto parlando di Brescello. Questo il sentimento che ha reso famosa in tutto il mondo l’Emilia di Don Camillo e Peppone. A difendere questa terra, culla dei partigiani e della democrazia c’è rimasta solo una donna, per giunta di destra, ex consigliera comunale di Brescello, 5600 anime, Catia Silva, alla quale oggi è stato assegnato il premio nazionale “Lea Garofalo” dall’associazione Dioghenes, per essere l’unica cittadina e politica ad essersi esposta contro la ‘Ndrangheta che da anni invade l’Emilia Romagna. Unica donna del Nord insignita col premio.

A consegnare l’attestato era stato chiamato il magistrato Nicola Gratteri che ha dovuto declinare l’invito per motivi di sicurezza. E’ intervenuto alla premiazione un’altra toga importante per l’impegno antimafia, Sebastiano Ardita.

Catia Silva ha ricevuto diverse minacce di morte dagli ‘ndranghetisti emiliani, lo ricordano i processi sul crimine organizzato. Che sia stata l’unica ad esporsi sul territorio lo scrive anche la sentenza del processo Grimilde contro il clan Grande Aracri.

Affaritaliani ha trattato molte volte l’argomento ‘ndrangheta in Emilia e a Brescello, soprannominata dagli emiliani “Cutrello” per il suo quartiere con le case dei boss in tipico stile kitch pomposo, tipo tempio greco-romano. Una situazione così grave da essere confermata nelle motivazioni della Cassazione della sentenza Aemilia con parole lapidarie. Si scrive che l’“economia” emiliana è “colonizzata grazie a pezzi di società conniventi". In sostanza la ‘ndrangheta è vissuta come un affidabile “fornitore di servizi” che va dal recupero crediti alla falsa fatturazione, dallo sfruttamento lavorativo alle minacce: una risolutrice di problemi.

Territori che vivono un contesto agghiacciante fatto di omertà diffusa. La Cassazione: "caratterizzati dalla omertà delle vittime che non hanno denunciato i fatti e hanno negato di avere subito pressioni o richieste estorsive”.

Ad esporsi non abbiamo trovato il Pd, i volontari della Festa dell’Unità, le associazioni culturali amiche, così pervasive nell’Emilia rossa. Tanto meno i salotti radical chic delle tv hanno mai posto il tema all’attenzione dell’opinione pubblica. Ma una donna sola che con grinta e carattere rischia in prima persona ogni giorno, oggi che il clan, anche se condannato, è tornato sui territori. La sua colpa? Perché non è in tv o sui giornaloni? Forse perché non è di sinistra. Prima era nella Lega nord, oggi in Fratelli d’Italia.

Ma non tutti sono omertosi. C’è ancora una testimonianza e una militanza della società civile nella lotta alle mafie nel silenzio dei media mainstream e a quanto pare, per la seconda volta, questa destra italiana descritta sempre come fatta da fascisti, da corrotti o peggio ancora da mafiosi, ha partorito “ un topolino” che fa la differenza e che rischia di essere un pò ingombrante per l’Emilia di Bonaccini. Il tema antimafia è stato storicamente monopolio della sinistra per drenare voti da quella parte anche se l’antimafia non dovrebbe avere colore politico. Poi scopriamo che la realtà è un po' diversa. In Emilia ha generato uno storytelling vuoto. E i fatti come sempre ritornano, a dispetto del silenzio dei media, e disegnano la realtà con tutta la sua virulenza.

Come nelle ultime elezioni politiche che hanno consegnato per la prima volta a una donna, sempre di destra, il mandato da presidente del consiglio, nonostante lo storytelling dei grandi media (è fascista, è sessista, è impreparata, ecc...).

E il riconoscimento “Lea Garofalo” non è un premio qualsiasi. La testimone di giustizia Garofalo, strangolata e carbonizzata dalla 'nrdangheta a Monza è stata un’altra voce solitaria pronta a mettere a rischio la propria vita. I fautori del premio, tra cui il giornalista Paolo De Grazia e Marisa Garofalo (sorella della testimone), non vogliono dimenticare il gesto eroico di Lea.

La motivazione del premio a Silva: “Le mafie hanno spostato la ‘palma al Nord’ da troppi anni. E in quel pezzo del Paese, dove molti continuano a ‘nascondere’ per paura, per vantaggi e per collusioni affaristiche con le mafie (in questi anni, soprattutto, con la 'ndrangheta) una donna emiliana ha dimostrato che il coraggio, la perseveranza e la tenacia possono portare al contrasto attraverso processi giudiziari. Nel paese di Brescello, famosa per Don Camillo e Peppone, una donna-coraggio ha disturbato l'invasione barbarica della maledetta mafia calabrese”.

Silva ad Affaritaliani: “Dedico il premio al mio avvocato, Gianluca Vinci (parlamentare di Fratelli d’Italia reggiano che in tutti questi anni l’ha assistita, ndr), che è stato l’unico a starmi sempre vicino in tutti questi anni”. Insieme hanno organizzato la prima manifestazione contro la 'ndrangheta a Brescello.

Paradosso dei paradossi ora che la destra guida il Paese la sinistra vuole rigenerarsi e cambiare segretario. Come? Con due candidati: Stefano Bonaccini e Elly Schlein, rispettivamente governatore e vicegovernatore dell’Emilia Romagna. Lui che guarda ai vecchi militanti della Festa dell’Unità, lei ai diritti civili e ai movimenti Lgbt. La criminalità organizzata non sarà un argomento del prossimo congresso, immaginiamo.

Tra gli altri insigniti dal premio “Lea Garofalo”: Sebastiano Ardita, Salvatore Borsellino, Luciano Traina, Giuseppe Antoci, Renato Cortese, Angela Napoli, Mario Ravidà, Giuseppe Cassata, Luana Ilardo, Francesco Coco, Tommaso Nereo.

*la foto in apertura è di Rosario Rizzuto che l'ha gentilmente concessa ad Affaritaliani

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