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Cronache
Mutilazioni genitali femminili, in Italia 85mila donne le hanno subite

Mutilazioni genitali femminili, in Italia 85mila vittime di violenza

In Italia vivono 85mila donne portatrici di mutilazioni genitali femminili. Di queste le minorenni sono quasi 7mila. E molte altre sono a rischio mutilazioni anche nel nostro Paese nonostante sia illegale. Le vittime provengono soprattutto da Egitto e Nigeria e da altri Paesi in cui ancora si praticano le mutilazioni. I dati diffusi dall'Associazione medici di origine straniera (Amsi) - oggi che si celebra la Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili proclamata nel 2003 dalle Nazioni unite - sono scioccanti ma, secondo ActionAid, non riflettono nemmeno l’effettiva diffusione del fenomeno che ha ancora molto di sommerso.

"Siamo di fronte ad una pratica arcaica, illogica, violenta e soprattutto illegale, che compromette fortemente la salute psichica e fisica di chi la subisce e che in alcuni casi può condurre anche alla morte di chi la subisce. Entro il 2030, se non si attueranno strategie di contrasto e di educazione, si prevede che in tutto il mondo saranno 68 milioni le donne e le bambine a rischio", scrive l’Amsi.

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Le mutilazioni genitali nel mondo

Nel dicembre 2012 l’assemblea generale dell’Onu ha approvato la risoluzione sulla messa al bando universale delle Mgf, la sigla che indica le mutilazioni. L'80% viene praticato in Africa. E per colpa della pandemia i casi sono aumentati del 35%. “Più di 200 milioni di ragazze e donne oggi in vita hanno subito mutilazioni genitali femminili. Quest'anno, quasi 4,4 milioni di ragazze saranno a rischio di subire questa pratica dannosa. Ciò equivale a più di 12mila casi al giorno", denunciano in una nota congiunta Unfpa, Unicef, Ohchr, Un Women, Oms e altre organizzazioni delle Nazioni unite.

Mutilazioni genitali, il divieto italiano e i limiti delle cure

Dal 2006 la legge italiana vieta le mutilazioni genitali, stabilendo al contempo la realizzazione di una serie di misure di prevenzione e assistenza a favore delle vittime in capo a diversi ministeri e alle Regioni. Eppure, denuncia ActionAid, “sono ancora molte le criticità registrate: la mancanza di formazione di chi, nel settore sociale, sanitario, educativo e legale, entra in contatto con bambine, ragazze e donne a rischio o già soggette a Mgf; il coinvolgimento limitato delle comunità praticanti; l'accesso ridotto ai servizi assistenziali e medici, soprattutto per la ricostruzione e la rigenerazione dei tessuti genitali”. "Il Sistema sanitario nazionale – chiede l’associazione - deve riconoscere le conseguenze fisiche e psicologiche derivanti dalle mutilazioni genitali femminili, prevedendo il loro inserimento nella lista dei Livelli essenziali di assistenza per le patologie croniche e consentendo l'esenzione del ticket”.

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