Scrivere di mafia, strumento di lotta alla criminalità organizzata - Affaritaliani.it

Cronache

Scrivere di mafia, strumento di lotta alla criminalità organizzata

Scrivere di mafia. Un’affermazione che fa quasi venire i brividi nei giorni in cui il palazzo di giustizia di Palermo è balzato ancora agli onori delle cronache per i comportamenti, professionali e personali, di Silvana Saguto. In questo caso però “Scrivere di mafia” non è solo una enunciazione fattuale ma una esortazione ed un interrogativo al tempo stesso del quale hanno discusso conoscitori esperti ed appassionati della criminalità organizzata.

Trattare i temi mafiosi è un fenomeno carsico nel nostro Paese: li si affronta quando scoppia l’emergenza e sia la cronaca e l’opinione pubblica non potrebbero sopportare un colpevole (o complice?) silenzio. Gianni Barbacetto, nel suo ruolo di giornalista attento ai temi della società civile, lo ha sottolineato in un dibattito dal titolo “Scrivere di mafia”, all’interno del palinsesto di Bookcity a Milano, dove un grande contributo lo ha fornito Armando Spataro, attuale procuratore capo a Torino (a raccogliere il testimone di Gian Carlo Caselli), dopo una lunga militanza a Milano, anche come procuratore aggiunto. E’ vibrante Spataro nel porsi degli interrogativi e nel darsi (e dare alla platea) le risposte ma l’aspetto trasuda l’impegno di una vita in toga a combattere fenomeni come il terrorismo e la criminalità organizzata. Scrivere di mafia? Sì, non ha esitazioni Spataro, e in modo che si comprenda perché i saggi giuridici sono indirizzati da una platea ristretta di addetti ai lavori. Qualche distinguo però il magistrato lo fa sul fatto che siano i suoi colleghi magistrati a scrivere: sicuramente dovrebbero astenersi, sia magistrati giudicanti sia pm, almeno fino a quando la sentenza di primo grado non sia stata pronunciata. Enuncia casi di magistrati autori dotati di un tratto di equilibrio (cita espressamente Carofiglio e De Cataldo); sottolinea, in omaggio alla statistica, che la cinquantina di magistrati scrittori degli ultimi anni forse è un po’ eccessiva. Sottolinea con i fatti l’importanza della scrittura “pregressa” sulla mafia e più in generale sulla criminalità organizzata: legge passi di testi di un secolo fa di strabiliante attualità sulla conoscenza dei fenomeni (mafiosi) da parte di chi vive in quel contesto e sulla necessità (imprescindibile) di riscontri “a cura dei reali carabinieri”.

Bisogna scrivere (e leggere) di mafia, perché la scrittura è memoria, documento, denuncia, un grido di protesta, o di aiuto, che nessuno può soffocare ma che riesce a dispiegare i suoi effetti non solo (e non tanto) nel momento in cui viene emesso ma, spesso, soprattutto più avanti. Il tempo non lo affievolisce, non lo indebolisce, anzi. Scripta manent ha commentato, in modo lapidario ed efficace, Nando dalla Chiesa per il quale scrivere di mafia è anche il suo scrivere di mafia. Non accademico – anche se ha promesso un trattato di sociologia della criminalità organizzata, perfettamente calzante con il suo impegno di docente universitario - ma di testimone e conoscitore di fatti intrecciati alla sua vita personale che hanno trovato spazio e sistemazione, non solo di ricostruzione fattuale ma anche emotiva, in Delitto Imperfetto, scritto all’indomani della tragedia di via Carini. Ne deriva una lezione semplice ma non scontata: rifuggere dalla ciarlataneria ma anche da ipotesi e teoremi intriganti più che provati. 

Giovanna Guzzetti