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Cronache
Stadio Flaminio, la grande "bidonville" nel cuore di Roma. Il caso: FOTO
Stadio Flaminio di Roma, abbandonato dalle istituzioni da ormai sette anni. Foto di Martino Iannone

Un cadavere riverso in terra, col sangue che scende dalla nuca. E' il 2 febbraio di quest'anno, quando alcuni agenti di polizia fanno la macabra scoperta all'interno dello stadio Flaminio di Roma. E' il corpo senza vita di un clochard cingalese trovato negli spogliatoi in abbandono. E' probabilmente questo l'apice del degrado che affligge, ormai da sette anni, quello che era uno degli impianti sportivi più belli d'Italia. Il 12 marzo 2011, il Flaminio ospita il Sei Nazioni di rugby, ed è teatro della storica vittoria dell'Italia sulla Francia. Davanti a 30mila tifosi in delirio va in scena la più bella giornata nella storia del rugby italiano. Da qui un lento e inesorabile declino che l'ha portato ad essere quello che è oggi. Una grande "bidonville" nel cuore di Roma, a pochi passi dall'elegante quartiere Parioli, a poche centinaia di metri c'è piazza del Popolo. Cancelli arruginiti, erbacce e cumuli di rifiuti ovunque.

Oggi il Flaminio si presenta così, a presidiare l'ingresso principale un'auto della Polizia municipale. Ma non solo, a pochi metri, ormai da anni, c'è una roulotte, provo ad avvicinarmi ma un "abitante" della casa improvvisata mi dice in malo modo di andarmene, quasi a rivendicare che il vero guardiano dell'impianto è lui. Da tempo gli spogliatoi, la sala stampa e gli altri locali dello stadio sono diventati rifugio di una decina di sbandati e senza fissa dimora, diversi gli atti vandalici. Una situazione di degrado tollerato, anche ora che la struttura è vigilata giorno e notte. All'interno della struttura il manto erboso di quello che era il tempio del rugby italiano è ridotto a "un campo di patate".

Questa è la fine del "gioiellino" progettato dagli architetti Antonio e Pier Luigi Nervi, realizzato alla fine degli anni '50 e inaugurato alle Olimpiadi del 1960. L'impianto è dedicato al Grande Torino, scomparso nella tragedia aerea di Superga nel 1949. Uno stadio all'inglese, senza pista d'atletica, con la sua caratteristica forma ovale e gli spalti a spiovere, è l'ideale per assistere a un evento sportivo. Dagli anni '80 diventa la casa della Lodigiani, terzo club di calcio della Capitale d'Italia, che ha lanciato campioni come Luca Toni. Nel 1987 ospita nel giro di poche settimane i concerti degli U2, i Duran Duran, Prince e David Bowie. Nella stagione '89-'90 Roma e Lazio si trasferiscono al Flaminio, per consentire il restyling dell' Olimpico in vista dei mondiali del 1990. Lo stadio è sempre stracolmo e qui si fronteggiano le squadre di Rudy Völler e Paolo Di Canio nei due derby giocati nell'impianto di viale Tiziano. Uno stadio amato dagli sportivi capitolini, nel 2009 15mila tifosi laziali firmano una petizione affinché il Flaminio diventi lo "stadio delle Aquile" ma il progetto non va in porto. Dal 2000 diventa la "casa del rugby" ospitando le gare interne della Nazionale fino al 2012 quando la Fir (Federazione italiana Rugby) decide di traslocare all'Olimpico, in attesa di lavori di ampliamento della capienza, che non saranno mai realizzati.

Nel 2014 il Coni ha formalmente restituito il Flaminio al Campidoglio. Seppur dichiarato "opera di eccellenza" dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, da ormai sette anni versa in stato di totale abbandono e incuria, messo incredibilmente nel dimenticatoio dalla sindaca Virginia Raggi. Nel corso del tempo si sono moltiplicati gli appelli per "salvare" lo stadio, così come i progetti di riqualificazione, tutti svaniti nel nulla. "Non possiamo investire su una cosa che non è nostra", la spiegazione di Giovanni Malagò, presidente del Coni. In vista della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024 (poi sfumata), lanciò una provocazione. "Il Comune ce lo venda al prezzo simbolico di un euro, e investiremo noi gli 8-10 milioni di euro necessari per rilanciarlo". Nel mezzo il solito rimpallo di responsabilità, con un contenzioso nato tra il Campidoglio e il Coni, per stabilire a chi spettasse la manutenzione del malridotto impianto. Intanto il Flaminio cade a pezzi. Nel 2016 i periti nominati dal Tribunale civile di Roma depositano 290 pagine di perizia in cui denunciano che alcuni locali della struttura sono "prossimi al collasso".

Nell'agosto 2017 sembra arrivare la classica manna dal cielo. La Getty Foundation di Los Angeles stanzia 160mila dollari per finanziare un progetto di recupero della struttura, affidato alla facoltà di Architettura dell'Università La Sapienza. Dopo un anno di lavoro i risultati si conosceranno tra pochi mesi. "Il Flaminio? E' una questione importantissima a cui stiamo lavorando incessantemente", dichiara Daniele Frongia, assessore allo Sport del Comune di Roma. "Qui non si è mai visto, il quartiere vive nel degrado più totale - si sfoga una residente - su viale Tiziano è diventato pericoloso anche portare a spasso il cane, e pensare che siamo ai Parioli.. ". Nel frattempo il Flaminio continua ad essere una gigantesca carcassa arruginita, tra degrado e rischio crolli l'ipotesi demolizione (che tutti scongiurano) diventa sempre più concreta.

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