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Cronache
Vaccino, il caos al San Camillo offusca il "miracolo" della Regione Lazio

di Alessio Garofoli

Il “miracolo” della Regione Lazio sulla somministrazione del vaccino anti-Covid nasconde in realtà un quadro a macchia di leopardo. C'è l'eccellenza da pubblicizzare della Nuvola di Fuksas all'Eur. Ma c'è anche, per restare a Roma, il vecchio, glorioso e problematico ospedale San Camillo di Monterverde, preda del caos.

Sabato pomeriggio. Adelaide, classe 1948, ha l'appuntamento per avere la prima dose al padiglione Antonini. Inzialmente per le 17.45, ma alle 14.30 riceve una chiamata dall'ospedale in cui le si chiede di anticipare alle 17.00. Adelaide arriva lì alle 16.55 e trova in attesa, fuori dal centro, un capannello di persone – assembrate, si dice oggi - che avevano avuto analoga telefonata. Per tutte l'appuntamento è alle 17.00. E però le inoculazioni precedenti sono in ritardo, e il capannello deve aspettare. Fortuna che la giornata non è come quella successiva, domenica 18, in cui a Roma al freddo inusuale si è sommato il nubifragio.

Il vigilante lì presente prova a dirigere il traffico umano. Ad Adelaide che mostra la sua prenotazione fatta on line per le 17.45, ma fa presente di essere arrivata prima su richiesta del centro, assicura che la farà entrare alle 17.00 in punto (cosa che comunque non avverrà). E provoca lo sconcerto e le proteste di quanti si sono prenotati per un orario precedente, ma sono ancora là fuori. Una volta dentro, non bastasse, la dottoressa di turno non sa ripondere alle domande di Adelaide che deve ricevere l'Astrazeneca, ma ha risentito di tutto il clamore negativo sul vaccino anglosvedese. Così, per poter replicare, tenta di reperire per tre volte al telefono qualcuno. Che non risponde, e la dottoressa, giovane e alle prime armi, in difficoltà inanella una serie di “secondo me”.

Adelaide si tiene l'inquietudine. Ma siccome che la campagna vaccinale vada avanti spedita è interesse del singolo ma anche della comunità, e vaccinarsi non è obbligatorio, se lei e altri sono preoccupati per tutto e per il contrario di tutto che è stato comunicato sul siero di Oxford avrebbero diritto a spiegazioni convincenti. Cosa fatta capo ha. Ottenuta l'iniezione, aspettato il quarto d'ora canonico, Adelaide torna a casa senza nessun pezzo di carta che riporti la sigla dell'operatore, l'avvenuta inoculazione e il lotto di cui fa parte la dose utilizzata, a differenza di quanto normalmente avviene in altri hub della Capitale. Alla faccia della trasparenza, il punto è che nel centro vaccinale del San Camillo, nel 2021, non c'è un computer. Assessore D'Amato, la quantità non dovrebbe andare a discapito della qualità: qualche volta dia un'occhiata anche ai nosocomi storici della città.


 

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