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Culture
Esce Pays Barbare: ad Affari il commento dei registi Gianikian e Ricci Lucchi
ANGELA RICCI LUCCHI E YERVANT GIANIKIAN

Esce PAYS BARBARE. 2013, il film di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi. Il debutto all'Università degli Studi di Siena

Ritorniamo su materiali riguardanti l’Etiopia/Abissinia coloniale italiana. 1935 - 1936. Di recente in un archivio privato cinematografico, frughiamo con la nostra “camera analitica” tra i fotogrammi del colonialismo italiano: studiandoli con una lente e trascrivendo le didascalie.  I materiali in formato ridotto avevano l’intento di essere visti tra le pareti domestiche, in silenzio, anche  se si era già in epoca sonora. In questi brani cinematografici si possono notare inoltre, guardandoli a mano,  senza un proiettore, i segni di coloro che avevano posseduto i film, le parti sulle quali più volte erano ritornati.

L’erotismo coloniale. Il corpo nudo delle donne  ed il “corpo” del film, graffiato, lacerato da innumerevoli visioni. Una doppia lettura la nostra, quella delle immagini e il modo in cui erano state consumate. Donna etiope inginocchiata con veste aperta sul seno. Militare barbuto che le insapona simbolicamente la testa. 

Le didascalie forniscono termini ricorrenti: “Tipo, barbaro, primitivo, razziatore, infido, diffidenza proverbiale, bigamia … ”. Razzismo pesante e cinico. Sovrimpressioni: una somma di sequenze militari di uomini e mezzi della violenta impresa italiana per la conquista  dell’Etiopia e la scritta: “Per questo paese primitivo e barbaro l’ora della civiltà è ormai scoccata”. Sugli aerei si  caricano bombe all’iprite, il cui uso è sempre stato negato. Proibite già allora dalla convenzione di Ginevra.

Storia dell’immagine di Mussolini in Africa. La comunicazione alle masse attraverso le caratteristiche fisiche della sua persona. Imposizione dell’idea che un capo di stato deve apparire come una icona fortemente marcata e incomparabile. Un film necessario per noi in questo momento, sul fascismo e il colonialismo italiano in Africa. Il nostro lavoro è un lotta contro la violenza e la guerra. A volte ci chiediamo perché continuiamo a batterci.  L’Italia oggi stà attraversando cose che ci sconvolgono. L’Europa si è suicidata con due Guerre Mondiali e con dittature terrificanti.

Nell’estate del 2013, una riflessione alla fine del film: “Insolente, atrocemente farsesco, il fascismo si ripresenta. Noi proviamo un senso di inquietudine. Siamo immersi in una notte profonda, non sappiamo dove stiamo andando. E voi?”.

Commento a cura dei due registi Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi. 

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