Un’immersione vertiginosa nel mondo di Giacometti al Musée Cantini di Marsiglia - Affaritaliani.it

Culture

Un’immersione vertiginosa nel mondo di Giacometti al Musée Cantini di Marsiglia

“Alberto Giacometti. Sculpting the Void” è la monografia che il museo francese dedica al grande scultore svizzero fino al 28 settembre

di Chiara Giacobelli

«Giacometti non modella soltanto figure, egli scolpisce l’invisibile»: così scriveva Jean Genet, drammaturgo e poeta, nell’introdurre l’essenza creativa di Alberto Giacometti, suo amico e confidente. Questo artista straordinario non costruisce soltanto immagini, ma scava nella materia del vuoto per trarne forma, assenza e memoria. La sua arte è un incontro con l’inesprimibile, una liturgia dello spazio e dell’ombra che si riverbera in ogni gesto, in ogni filiforme silhouette plasmata dalla sua mano.

Fino al 28 settembre 2025 la città di Marsiglia rende omaggio a questo grande protagonista del Novecento con la mostra Alberto Giacometti – Sculpter le vide, allestita negli spazi raffinati del Musée Cantini in occasione dell'Anno di Cézanne. Questa retrospettiva, ospitata al piano terra del museo, nasce dalla collaborazione tra i Musées de Marseille e la Fondation Giacometti di Parigi, custode universale del suo patrimonio. Si tratta della prima esposizione monografica dedicata all’artista svizzero nella città provenzale, un evento eccezionale che si propone di restituire con profondità la complessità della sua opera. Attraverso un allestimento pensato come un vero viaggio estetico e concettuale, il pubblico è invitato a esplorare i diversi momenti creativi di Giacometti, con particolare attenzione al tema centrale che ne attraversa l’intera parabola artistica: il vuoto.


 

L’importanza di questa mostra risiede nella capacità di mettere in dialogo opere diverse – sculture in bronzo e gesso, dipinti, disegni, incisioni – intorno a una stessa ossessione: lo spazio come tensione, come presenza silente. È un percorso che merita di essere vissuto perché offre una lettura inedita e profonda dell’artista, concependo le sale del museo come un’estensione del suo immaginario, un teatro dell’invisibile dove la materia diventa pensiero e forma. La missione dell’esposizione è proprio quella di restituire al visitatore la percezione sensibile del vuoto, inteso non come assenza, ma come forza generativa.

Il percorso espositivo si apre con una sezione dedicata alle prime sperimentazioni degli anni Venti, in cui emergono forme compatte e dense, ispirate al cubismo e alle arti tribali. Opere come Le Couple (1926) e Femme cuillère (1927) mostrano una sintesi formale di impressionante potenza. In queste sculture, l’interesse di Giacometti per le civiltà non occidentali si coniuga con la ricerca di un linguaggio personale, teso all’essenzialità e all’arcaico. La seconda sala ci introduce nel periodo surrealista, una stagione intensa vissuta accanto ad André Breton e al gruppo dei surrealisti. Qui la materia si fa visione, sogno, simbolo. Spiccano il dipinto Le Palais à 4 heures du matin (1932), la scultura Fleur en danger (1932) e L’Objet invisible (1934–1935), detta anche Mains tenant le vide, dove una figura femminile, inginocchiata, tenta di trattenere un oggetto inesistente. È una delle metafore più forti dell’intera esposizione: ciò che non si vede pesa quanto ciò che si manifesta.


 

La terza parte del percorso, forse la più intensa emotivamente, raccoglie i lavori realizzati nel dopoguerra, quando Giacometti torna con forza alla rappresentazione del corpo umano. È il periodo delle celebri figure esili, sottili come aghi, sospese tra presenza e dissoluzione. In opere come Toute petite figurine (1937–1939), Femme au chariot (1943–1945), Le Nez (1949) e Grande Femme I (1960) l’artista lavora sul margine del visibile, costruendo un’estetica della solitudine e dell’estraniamento. Le proporzioni sono alterate, le dimensioni giocano con la distanza, il corpo si fa tramite per misurare lo spazio che lo circonda. Giacometti qui non descrive: rivela. Rivela la fragilità dell’esistenza, la tensione permanente tra essere e nulla.


 

La sezione conclusiva è concepita come un museo immaginario, in cui i disegni e le incisioni dell’artista dialogano con documenti d’archivio, fotografie, reperti antichi e manufatti di civiltà extra-europee provenienti dal Musée d’Archéologie Méditerranéenne e dal Musée d’Arts Africains, Océaniens, Amérindiens. Questa scelta curatoriale svela quanto Giacometti si sia nutrito della pluralità culturale, quanto le sue ricerche siano state alimentate da fonti lontane nel tempo e nello spazio. Il vuoto, in questo contesto, diventa crocevia di memorie, assioma estetico e gesto antropologico.


 

Ad affiancare la mostra c’è la prestigiosa Fondation Giacometti, istituzione parigina nata nel 2003 e riconosciuta di pubblica utilità. Essa detiene la più ampia collezione di opere dell’artista – circa 10.000 tra sculture, dipinti, disegni, oggetti decorativi – insieme a un vastissimo archivio documentale, composto da manoscritti, fotografie, taccuini e materiali bibliografici. Il suo ruolo nella valorizzazione, nella conservazione e nella diffusione dell’opera giacomettiana è essenziale, e il sodalizio con il Musée Cantini rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione artistica.

Vale la pena, in occasione di questa visita, soffermarsi anche sulle collezioni permanenti del Musée Cantini, che costituiscono una delle più importanti raccolte di arte moderna in Francia fuori da Parigi. Situato in un hôtel particulier del XVII secolo, donato alla città da Jules Cantini nel 1916, il museo ospita opere fondamentali del post-impressionismo, del fauvismo (Derain, Camoin, Friesz), del cubismo (Dufy, Gleizes) e dei movimenti puristi degli anni Venti e Trenta (Léger, Ozenfant, Le Corbusier). Particolarmente significativo è il nucleo dedicato al surrealismo, arricchito dal legame storico tra Marsiglia e il gruppo di André Breton, rifugiato nella città durante l’occupazione nazista. La presenza di opere di Dubuffet, Masson, Brauner, Artaud e del gruppo giapponese Gutaï arricchisce il percorso, offrendo al visitatore un mosaico complesso e vibrante dell’avanguardia novecentesca.


 

Parallelamente alla mostra, si tengono una serie di attività collaterali di grande interesse. Nelle giornate del 10, 17, 24 e 31 luglio e il 21 e 25 settembre, alle 16.30, la Compagnie La Clac mette in scena L’Atelier d’Alberto Giacometti de Jean Genet, una creazione teatrale ispirata agli scritti di Genet, con letture alternate tratte da Ma solitude connaît la vôtre e Cet air d’éternité qui passe…. Incontri intensi che fondono letteratura, teatro e arte, in un’evocazione emozionante del dialogo tra i due maestri. Il giardino del museo ospita inoltre momenti di accoglienza artistica, con performance e attività pensate per avvicinare il pubblico all’universo dell’artista in modo immersivo e partecipato. Sono inoltre disponibili le visite guidate all’esposizione di Giacometti.


 

E chi desiderasse completare il proprio viaggio nella Marsiglia artistica del 2025 potrà scoprire nel quartiere dell’Estaque i paesaggi che incantarono Cézanne e altri maestri. Un itinerario pittorico tra colline e scorci marini, per immergersi nella luce mediterranea che ha nutrito l’anima dei pittori. Da non perdere anche il MuCEM, con la sua architettura ardita e le mostre di respiro internazionale, così come il quartiere del Panier, cuore storico della città. Marsiglia si rivela così nell'anno che la Francia dedica a Cézanne crocevia di culture, bellezza e storia, una città che attraverso l’arte sa parlare al presente con voce limpida e profonda.

Il viaggio stampa a Marsiglia e la visione della mostra sono stati possibili grazie alla Camera di Commercio Italiana in Francia a Marsiglia, il Dipartimento delle Bocche del Rodano e Provenza Turismo.