Caffè, quanto ci costi. Bere una tazzina al bar diventerà un lusso: prezzi alle stelle entro fine 2025. Le cifre - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 10:09

Caffè, quanto ci costi. Bere una tazzina al bar diventerà un lusso: prezzi alle stelle entro fine 2025. Le cifre

Caffè sempre più costoso: alla base dei rincari una serie di fattori come i cambiamenti climatici, i costi energetici in rialzo, l'inflazione generalizzata e le nuove norme ambientali Ue

di Marta Barbera

Caro prezzi, non basterà più 1 euro e 50 centesimi per bere il caffè 

Caffè, ma quanto ci costi? Entro la fine dell'anno bere una tazzina al bar potrebbe davvero diventare un'esperienza di "lusso".  Secondo quanto emerge da un report del Centro studi di Unimpresa, che analizza l'evoluzione dei costi lungo tutta la filiera del caffè, dai raccolti agricoli fino al bancone dei locali, una tazzina dal 2026 in poi potrebbe raggiungere i 2 euro.  Negli ultimi cinque anni, il prezzo medio è passato da 0,87 euro nel 2020 a oltre 1,30 euro nel 2024, con punte di 1,43 euro in alcune città del nord d'Italia come Bolzano e Trento. Alla base di questi rincari troviamo una concatenazione di fattori globali e locali: cambiamenti climatici, aumento dei costi energetici e logistici, inflazione generale e l’introduzione di nuove normative ambientali europee.

Caffè, dal clima all'energia: tutte le cause dietro i rincari 

Le principali difficoltà partono dai Paesi produttori. Brasile e Vietnam, che insieme coprono circa la metà della produzione mondiale di caffè, hanno visto i raccolti calare drasticamente a causa di siccità persistenti e piogge torrenziali. Solo nel 2024, il prezzo dei chicchi grezzi è salito fino all’80%, mentre i futures sull’Arabica hanno raggiunto valori record, con una libbra a 360 dollari ad agosto 2025 (+40% annuo). Anche i futures del Robusta hanno superato i 4.000 dollari a tonnellata.

A questo si aggiunge l’aumento dei costi energetici, fondamentali nella fase di torrefazione, e delle spese logistiche internazionali, rallentate dalle congestioni nei porti strategici e dal raddoppio dei noli marittimi. L’inflazione, inoltre, ha colpito materiali di confezionamento, manodopera e trasporti. Infine, le nuove regole europee anti-deforestazione obbligano gli importatori a implementare sistemi di tracciabilità e certificazione, che ricadono soprattutto sui piccoli produttori e, di conseguenza, sui prezzi al consumatore.

Nel 2020, in un contesto ancora pre-pandemico, il caffè costava in media 87 centesimi. Già nel 2021, con i primi segnali di tensione sulle materie prime e la ripresa post-Covid, si è passati a 1,03 euro. Nel 2023 la media nazionale ha raggiunto 1,18 euro, con forti differenze territoriali: 99 centesimi a Catanzaro, oltre 1,30 euro a Trento. Nel 2024 il prezzo è salito a 1,30 euro, un +40% rispetto al 2020. All’inizio del 2025, la media si è assestata intorno a 1,22 euro, ma la tendenza continua a crescere.

Caffè, il rischio che svanisca un rito simbolico e la sfida delle imprese per mantenere alti i margini 

Nonostante i rincari, il mercato italiano del caffè resta robusto: i consumi annuali sono pari a 327 milioni di chili di caffè verde, circa 5,5 chili pro capite, con un valore complessivo stimato in 5,2 miliardi di euro nel 2025. Tuttavia, tra il 2022 e il 2024 si è registrato un calo dei consumi del 6,9%, legato alla perdita di potere d'acquisto delle famiglie. Continua invece a crescere il segmento delle cialde e capsule, che ormai rappresentano il 16,2% delle vendite nella grande distribuzione. Il valore del settore potrebbe superare i 6 miliardi entro il 2030, mentre l’export italiano di caffè vale già 2,3 miliardi.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, la soglia dei 2 euro a tazzina è quindi sempre più vicina, anche se alcune previsioni ipotizzano un possibile rallentamento della crescita dei prezzi nella seconda metà del 2025 o nel 2026. A influire potrebbero essere buoni raccolti in Brasile e Colombia e un alleggerimento delle normative ambientali. La Banca Mondiale prevede per il 2025 un aumento del 50% per l’Arabica e del 25% per il Robusta, ma stima un calo tra il 9% e il 15% nel 2026.

Secondo Mariagrazia Lupo Albore, direttrice generale di Unimpresa, "per i consumatori italiani, il problema non è solo economico. Il caffè pesa meno dell’1% sulla spesa annuale di una famiglia, ma ha un valore simbolico enorme: è il rito quotidiano della socialità, della pausa di lavoro, del saluto tra amici. Se il prezzo diventa proibitivo, rischia di perdere la sua dimensione democratica, unica al mondo".  Per le imprese, invece, la sfida è quella di difendere i margini, sempre più compressi dai costi, puntando su prodotti a maggior valore aggiunto, come le capsule premium e i formati monoporzionati, che garantiscono una redditività fino al 60%. Alcune aziende stanno perfino esplorando alternative al caffè tradizionale, come bevande a base di ceci o semi di dattero, per ridurre la dipendenza dai raccolti tropicali e affrontare le sfide ambientali.

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