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Economia
Coronavirus, "L’Italia vive il suo 11/09. Come a New York. Chiudere la Borsa"
Borsa a Piazza Affari Milano

“Come a New York hanno chiuso i mercati per vari giorni dopo l’11 settembre noi possiamo benissimo - ANZI DOBBIAMO - farlo. L’emergenza che sta vivendo l’Italia oggi è ad un livello di eccezionalità mai visto, a parte le guerre”, è con un tweet che questa domenica mattina Giovanni Tamburi, fondatore di Tip è uno dei più importanti uomini di industria e finanza italiana, chiede l’attenzione di Borsa Italia e Consob, affinché agiscano per porre rimedio all’attuale stato d’emergenza.

Ho colto l’occasione per chiedere direttamente a Giovanni Tamburi la sua opinione sull’attuale situazione.

 
- “The show must go on” la canzone dei Queen è lo slogan del mondo del business, l’11 settembre fu usato per continuare a giocare a calcio. Al contrario il tempio dell’America, Wall Street, si fermò. Lei oggi ripropone quella scelta, a Piazza Affari lo “show” si deve fermare. Siamo davanti a un 11 settembre italiano e mondiale?

A cosa si stia davanti non lo sa nessuno, perché questo contagio è forte, imprevedibile e talmente subdolo e sotterraneo da rendere tutto estremamente incerto.
 
- Le parlo del calcio non a caso perché oggi le squadre sono diventate SPA e le ragioni dell’economia e del lavoro lottano con quelle della salute. Come si prende una decisione?

Il fatto che in Italia si pensi più al calcio che ai mercati finanziari da la cifra di quello che siamo e più che altro vogliamo essere. Non è un caso che abbiamo ancora una borsa eccessivamente magra rispetto al peso industriale del sistema paese a livello internazionale.
 
- Secondo Guido Maria Brera le borse non dovrebbero chiudere perché sono una valvola di decompressione del sistema e poi, aggiunge, una volta chiuse poi le devi riaprire. Ha cambiato idea?

È sicuramente una decisione difficile, sulla quale rispetto tutte le opinioni. Se però io avessi il potere di farlo, tutto sommato la chiuderei per qualche giorno, perché già gli scambi nei giorni scorsi erano già fortemente falsati, anche da informazioni sbagliate e fuorvianti, ma più che altro perché il risparmio delle persone meno informate, specie in un paese come il nostro va rispettato, in maniera particolare in giorni in cui a moltissimi operatori è stato fisicamente impedito - per decreto legge, da oggi - di andare in ufficio, per cui gli scambi saranno ancor più falsati. E non rappresentativi della realtà dei fatti. È evidente che se equando si decidesse di chiuderla si dovrà essere bravi a comunicarlo e motivarlo e bravissimi al momento della riapertura. Draghi docet.
 
- La Cina, epicentro della crisi, ha chiuso per una settimana e dopo un iniziale tonfo, in poche sedute ha recuperato tutto, però governo e Banca Centrale sono intervenute.

Mi pare un ottimo esempio, che seguirei.
 
Cosa si aspetta da Europa e Bce?

Che facciano esattamente la stessa cosa, ed è probabile che la faranno, magari non da domani, ma a giorni; per cui se per una volta anticipassimo gli altri e non ci facessimo vedere come quelli che scoprono, dopo quasi due mesi di schiaffoni da tutto il mondo, che il primo contagio è nato in Germania e non a Codogno, non sarebbe male. Anzi.
 
- La recessione mondiale le fa paura?

No, non fa paura, andrà gestita; il rallentamento già c’era da molti mesi. La vera recessione doveva prima o poi arrivare ed è arrivata, anche se in un modo che neanche la famosa astrologa specialista in mercati finanziari aveva previsto.
 
- Circa due anni fa Olivier Blanchard (ex capo economista FMI) disse che la prossima crisi sarebbe stata per la Fed un’ottima occasione per fare un salto di qualità iniziando a comprare direttamente azioni e “cose”. Lo farà?

Credo proprio di sì, glielo avrei detto tra un attimo, perché è ormai logico che lo faccia, anche se secondo me forse adesso è più importante l’annuncio in merito a tale intenzione che l’operatività effettiva. Anche perché sarà delicatissimo in termini di criteri di scelta. Un bel banco di prova per Powell e la Lagarde.
 
- “State attenti: la nave ormai è in mano al cuoco di bordo. E ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta ma ciò che mangeremo a pranzo”, il pensiero Kierkegaard è usato dai molti critici verso il governo, lei cosa pensa dell’atteggiamento fino adesso avuto e quale decisione operative si aspetta?

Criticare è sempre facile, banale ed è una caratteristica spiccata di noi italiani. Io invece come sa sono un buonista, uno che cerca di non criticare ma sempre se possibile capire, ove possibile di giustificare, ma in ogni caso di immedesimarsi nella parti altrui. Nella sostanza quello che stanno facendo, con un popolo e con degli amministratori locali così indisciplinati, mi è parso corretto. In merito alla forma lo capiremo meglio tra un po’. Ma per me conta sempre più che altro la sostanza.
 
- Faccio un breve salto nel passato: Wall Street che macina record su record, Piazza Affari a 25.000 e l’Opa di Intesa su Ubi, con la maggior parte degli analisti che suggeriva il rischio, mentre in Cina il virus dilagava. Era metà Febbraio, non le sembra che abbiamo ballato sul Titanic mentre l’iceberg si avvicinava?

No, perché nessuno immaginava un’evoluzione di questo genere. Le borse erano sui massimi perché, piaccia o no, i multipli sono sempre e comunque il reciproco dei tassi di interesse, per cui, al di là di oscillazioni di poco momento, era giusto che fossero attorno ai massimi di sempre nel periodo con i tassi più bassi della storia dell’umanità.
 
- Come ne usciremo?

Chi ha pochi debiti e più che altro prodotti buoni da vendere - tecnologie, marchi, leadership di settore - ne uscirà rafforzato, come da tutte le crisi, chi è a leva avrà dei bei problemi, anche se alcune banche già mandano a dire che ci sarà un’uscita dai covenants praticamente planetaria, per cui probabilmente i default, dove è nei limite del possibile, saranno addomesticati.
 
-Con tutti gli stimoli monetari e fiscali in arrivo questa non le sembra un’enorme BUY opportunity?

Di sicuro, come sempre; va capito da quando e più che altro per quanto tempo ci vorranno nervi saldissimi. L’unica cosa certa è che le crisi del 2001 e del 2008 hanno mostrato una capacità ed una velocità di uscita, da parte di mercati, aziende, banche centrali e governi, molto più rapida di quanto si potesse immaginare.

@paninoelistino

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