Economia
Dazi, Merz alza la voce: "L'accordo Usa-Giappone non è un modello da seguire". Intesa Berlino-Parigi
Dazi, Berlino e Parigi fanno fronte comune: "L’accordo Usa-Giappone non è un modello per l’Europa"

il presidente Emmanuel Macron riceve il neoeletto cancelliere tedesco Friedrich Merz
Dazi, Berlino e Parigi fanno fronte comune: "L’accordo Usa-Giappone non è un modello per l’Europa"
Il governo tedesco prende nettamente le distanze dall’intesa sui dazi tra Giappone e Stati Uniti, giudicandola “non un modello da seguire” per i delicati negoziati tra Washington e Bruxelles. “La situazione commerciale non è paragonabile: l’Unione europea è un partner di peso globale per gli Stati Uniti, e qui non ci sono elementi di comparabilità”, ha dichiarato Steffan Kornelius, portavoce del governo federale tedesco.
Secondo i dati della Commissione Europea, nel 2024 l’export complessivo dell’UE verso gli Stati Uniti ha superato i 520 miliardi di euro, con la Germania in testa tra i Paesi esportatori (oltre 130 miliardi). L’export giapponese verso gli USA, invece, si è attestato a circa 120 miliardi di euro, con una struttura industriale molto più concentrata sul settore automotive. Il peso economico e politico dell’UE nei rapporti con gli Stati Uniti resta dunque nettamente superiore rispetto a quello del Giappone.
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Kornelius, intervenendo a margine dell’incontro tra il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il presidente francese Emmanuel Macron a Berlino, ha sottolineato come Berlino e Parigi abbiano raggiunto una piena convergenza strategica in vista del prossimo round negoziale. “Entrambe le parti monitoreranno con attenzione questa fase decisiva. L’Unione europea dovrà riservarsi il diritto di utilizzare nuovi strumenti di politica commerciale se i negoziati dovessero fallire, e farsi trovare pronta a sviluppare ulteriori misure”, ha spiegato Kornelius. Nei prossimi mesi, Francia e Germania prevedono incontri tecnici per condividere dati, previsioni e impatti settoriali dei possibili scenari tariffari.
L’ombra dei dazi Usa pesa sull’automotive britannico: -12% di produzione
La crisi tariffaria colpisce duramente anche il Regno Unito: secondo la Society of Motor Manufacturers and Traders (SMMT), nei primi sei mesi del 2025 la produzione di auto e furgoni è crollata del 12%, fermandosi a 417.200 veicoli—il dato peggiore da oltre settant’anni, esclusa la pandemia. Il comparto auto rappresenta circa il 10% delle esportazioni manifatturiere britanniche, con gli Stati Uniti che tradizionalmente assorbono oltre un quinto delle auto prodotte nel Regno.
I dazi Usa del 25%, introdotti dall’amministrazione Trump sulle auto importate, hanno portato a un blocco quasi totale delle esportazioni britanniche verso gli Stati Uniti, con una perdita stimata di oltre 2 miliardi di euro nel primo semestre dell’anno. “La nostra industria sta attraversando uno dei periodi più difficili della sua storia recente”, ha dichiarato Mike Hawes, amministratore delegato di SMMT. Nonostante il quadro negativo, Hawes intravede una possibile inversione di tendenza: “L’opinione generale è che questo sia il punto più basso e che, se il contesto commerciale dovesse migliorare, la ripresa potrebbe essere rapida”.
Un contesto internazionale sempre più incerto
A livello globale, le tensioni commerciali tra Stati Uniti, Europa e Asia continuano a pesare sulle prospettive economiche: secondo le stime dell’OCSE, nel 2025 la crescita degli scambi mondiali rischia di rallentare ulteriormente (+1,8%), con i dazi e le barriere tariffarie che potrebbero comportare una perdita fino a 130 miliardi di euro per l’export europeo entro la fine dell’anno.
L’attuale stagione di incertezza impone ai governi europei una strategia coordinata. Berlino e Parigi, oggi più che mai, si presentano compatte: l’obiettivo è tutelare la competitività dell’industria europea, difendere i posti di lavoro e mantenere margini di manovra nelle trattative con Washington.