Deutsche Bank in mano ai cinesi. Hna diventa il primo azionista - Affaritaliani.it

Economia

Deutsche Bank in mano ai cinesi. Hna diventa il primo azionista

La ragnatela di partecipazioni della conglomerata cinese fondata dal miliardario Chen Feng

di Andrea Deugeni
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@andreadeugeni

Da quarto a primo azionista. I cinesi mettono le mani sulla prima banca tedesca che sale leggermente (+0,12%) alla Borsa di Francoforte a 16,8 euro per azione. Nella propria strategia di espansione nel mondo della finanza che conta (il suo principale braccio finanziario, Hna Capital, non nasconde l'ambizione di diventare una banca d'investimento globale), la conglomerata di Pechino Hna ha superato gli emiri del Qatar nel capitale di Deutsche Bank, che ha appena messo a segno il quarto aumento di capitale (da 8 miliardi di euro) in soli sette anni (rastrellando complessivamente circa 30 miliardi). Una mossa che arriva al termine della sottoscrizione pro-quota dell'operazione di rafforzamento patrimoniale, in cui Hna aveva arrotondato il proprio 3,04%, acquistato a metà febbraio, al 4,76% di marzo.

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Ora, la multinazionale fondata nel 2000 come holding di controllo di una linea aerea locale, la Hainan Airlines dal 63enne miliardario cinese Chen Feng, ha acquistato oltre il 5% di capitale salendo al 9,92% (che vale in tutto circa 3,4 miliardi di euro). Acquisto effettuato attraverso la società C-Quadrat Asset Management, la sussidiaria inglese di C-Quadrat Investment (la quota, secondo quanto hanno fatto sapere gli stessi investitori cinesi, non supererà la soglia del 10%. Il secondo e il terzo posto nell'azionariato del gruppo guidato dal britannico  John Cryan  vanno, rispettivamente, alla famiglia reale del Qatar (sempre con quasi il 10% attraverso due diversi veicoli societari - di cui uno il fondo sovrano Qatar Investment Authority - che fanno capo all'ex primo ministro, sceicco Hamad Bin Jassim Bin Jabr Al Thani e allo sceicco Amad Bin Khalifa Al Thani) e al fondo d'investimento americano, BlackRock, big player dei mercati mondiali che ha in pancia il 5,9%.

Hna, che in terra teutonica è in corsa per rilevare anche la disastrata landesbank Hsn Nordbank molto attiva nel comparto della navigazione, ha solo 17 anni di età (si narra che nel 1995, Feng convinse nel 1995 il 29esimo uomo più ricco del mondo, George Soros, a investire nella Hainan Airlines dove il cinese lavorava anche come stuart) e vale in tutto 81 miliardi di dollari. Spazia dal settore degli hotel (lo scorso anno il ha acquisito il 25% di Hilton Worldwide Holdings), al turismo, alla logistica, all'immobiliare e alla finanza ed è uno dei protagonisti del boom cinese. Nel suo portafoglio ha marchi prestigiosi come Uber e Nh Hotel, fino a Ingram Micro, una compagnia californiana high-tech (si parla di un accordo da sei miliardi di dollari).

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Prima di spodestare gli emiri del Qatar dal gradino più alto del podio degli azionisti di Deutsche Bank, Hna in Europa è balzata agli onori delle cronache finanziarie per una vera e propria frenesia da shopping: 30 miliardi spesi in acquisizioni solo lo scorso anno, con investimenti in Dufry, l'operatore di duty free svizzero, in Cwt e Hilton, oltre che nell'asset manager SkyBridge Capital. Il nome della conglomerata di Pechino è spuntato fuori anche sul dossier Abertis, colosso spagnolo delle autostrade su cui hanno messo gli occhi i Benetton con Atlantia.

I capitali freschi cinesi (che lo scorso anno hanno rafforzato, tramite Fosun, la disastrata banca portoghese Millennium Bcp)  fanno molto comodo al primo istituto tedesco: l'interesse di Pechino è un'iniezione di fiducia per il management tedesco perché anche se i primi risultati finanziari pubblicati da Deutsche Bank dopo l'ennesimo aumento di capitale indicano un utile netto più che raddoppiato nel primo trimestre 2017 a 575 milioni di euro, in linea con le aspettative, il gruppo in solo quattro anni, fra multe, sanzioni, patteggiamenti e negoziati conclusi tra il 2013 e aprile di quest’anno, ha dovuto sborsare oltre 19 miliardi di euro. Finendo per compromettere molto la propria reputazione, anche perché sul bilancio di Deutsche Bank continua a pesare l'ombra del portafoglio di derivati. I titoli di livello 3 che nel 2007-2008 hanno messo in ginocchio l'economia mondiale e che hanno spinto a giugno dello scorso anno, in piena bufera dei mercati, il Fondo Monetario Internazionale a comunicare che, con un'esposizione ai derivati pari a circa 15 volte il Pil tedesco, l'istituto con sede a Francoforte era "il più rilevante contribuente netto ai rischi sistemici tra le banche di rilevanza globale".